Daouda Diane, 37 anni, ivoriano, sparito nel nulla ormai due settimane fa.
Daouda aveva un regolare contratto di lavoro come mediatore culturale notturno in un centro di accoglienza di Acate, a una trentina di chilometri da Ragusa. Di giorno, per racimolare qualche soldo in più da inviare alla sua famiglia rimasta in patria, faceva anche lavori in nero. Il 2 luglio, giorno della sua scomparsa, aveva inviato dei video ad un amico della Costa D’Avorio per fargli capire che lavorare in Italia non è così facile come si potrebbe pensare.
L’ultimo video l’ha inviato alle 14:38 del 2 luglio, filmando il suo lavoro una non meglio identificata azienda di produzione del cemento. Poi nulla più.
Daouda era molto noto ed amato dai numerosi lavoratori agricoli (sottopagati e sovrasfruttati rigorosamente al nero) attivi nella zona e che l’avevano conosciuto nel centro di accoglienza dove lavorava. Tutti loro, anche quelli più intimi, escludono ogni ipotesi di allontanamento volontario, visto che Daouda aveva già il biglietto aereo per il prossimo 22 luglio per tornare dalla moglie e dalla figlia in Costa d’Avorio, per qualche settimana di vacanza e non aveva alcun motivo per una fuga o una sparizione volontaria.
Su indicazione della prefettura, la polizia ha ispezionato varie aziende della zona di Acate, compreso un cementificio e sembra che in quest’ultima azienda le immagini delle telecamere di sorveglianza siano state cancellate. Come è drammaticamente noto e purtroppo anche tutt’altro che raro, nelle piccole aziende che usano forza lavoro immigrata al nero le vittime di incidenti o malori a volte non vengono segnalate alle autorità, ma si preferisce farle sparire.
Già qualche giorno fa, domenica 10, si è svolta una manifestazione semispontanea di un centinaio di lavoratori africani al grido “Che fine ha fatto Daouda?” L’USB siciliana, che si è immediatamente mobilitata per raccogliere la spinta di questi lavoratori, ha, su loro richiesta, proclamato una giornata di sciopero in tutta la zona per venerdì 15 luglio.