MAROCCO, COSA ASPETTARSI NEL 2020?

La fine dell’anno, è sempre un momento di bilanci. Sulla stampa è molto spesso occasione per elogiare il regime di turno e la sua propaganda, attenuando notevolmente la gravità dei problemi che affliggono la società

di Marco Sbandi, da CantoLibre, 31 dicembre 2019

Questo articolo di Marco ci è arrivato il 31/12/2019 allorquando il nostro blog era chiuso, e non solo per ferie, ma per problematiche di carattere economico, ora risolte , a quanto pare, grazie all’intervento di alcuni coraggiosi che hanno deciso che noi riprendessimo al più presto, ci scusiamo con Marco e lo preghiamo di continuare ancora con noi.

La stampa in Marocco è direttamente presa di mira dalla repressione, e gli ultimi mesi hanno visto un aumento dei casi di arresto. Una chiara pressione affinché i giornalisti perdano la voglia, se mai l’abbiano mostrata o avuta, di indagare, mostrare, scrivere, ciò che avviene nella società.

Il ruolo dello Stato nella regione meridionale di Laayoune e Dakhla, regione rivendicata dal Fronte Polisario, e dalla monarchia marocchina, è da lungo tempo soggetto a censura totale, ancora maggiore di quella che vige sulla cronaca riguardante il Movimento del Rif.

La causa di questa censura, che si trasforma in sostegno totale alla propaganda ufficiale, è certamente economica: le province fortificate di Laayoune e Dakhla assicurano alla monarchia lo sfruttamento di giacimenti di fosfati (di cui il Marocco è primo produttore al mondo) e dei contratti con l’UE sulla pesca in acque molto ricche di pesce.

La monarchia sottolinea l’importanza degli investimenti fatti nella regione per farla sviluppare e assicurare l’arricchimento agli abitanti (ormai più marocchini che saharaui).

Un discorso che si ritrova in ogni giustificazione colonialista della storia del mondo. A chi giovano gli investimenti ?

Alla monarchia (con un piccolo gruppo di famiglie fedeli e ad essa legate) e alle imprese straniere (francesi, americane, giapponesi, cinesi, etc). E dunque non se ne parla di scrivere di conseguenze degli investimenti, di effetti sulla salute della produzione dei fosfati, delle condizioni di vita dei saharaui ancora chiusi nei campi per rifugiati in Algeria. La guerra diplomatica tra Marocco e Polisario si svolge in Europa e nel mondo, con il Marocco impegnato a premere sui paesi africani che riconoscono il Fronte Polisario affinché preferiscano relazioni economiche più convenienti con il Marocco.

Bisogna anche sottolineare tuttavia che il capitalismo ricorre spesso alla creazione di movimenti indipendentisti per impadronirsi di regioni ricche e porre ricatti agli stati nazionali che ne reclamano il governo: è il caso di Timor Est contro l’Indonesia, e ancora della Papuasia contro l’Indonesia, ma anche degli scontri provocati in Mali e Niger, in NigeriaSomalia, etc.

La storia mostra che il Sahara è stato attraversato da popoli ed eserciti ma mai conquistato o controllato in modo stabile : il Marocco ha esteso una sola volta il suo controllo fino al Mali, ma questo dominio è stato instabile e virtuale.

Se il Marocco per questo avesse diritto a governare sul Sahara, Roma potrebbe accampare diritto a governare sul Mediterraneo … Quali sono gli altri campi di cui la stampa non deve occuparsi o meglio nei quali deve seguire docilmente la propaganda ufficiale ?

Le condizioni di vita delle operaie e degli operai delle fabbriche sono un affare quasi tabù sulla stampa, e soprattutto lo sono le lotte (scioperi interni, manifestazioni, scioperi) che operaie e operai conducono contro padroni nazionali e stranieri.

Se qualche articolo arriva ad apparire vi si può scorgere uno strano fenomeno: la colpa delle malattie professionali, degli incidenti gravi nelle fabbriche, della mancanza di copertura sanitaria, non ha alcun responsabile, o è solo conseguenza di analfabetismo delle vittime. Si tratta evidentemente di un fenomeno non soltanto marocchino.

Si può apprendere, dalle rare note che riescono ad apparire sulla stampa, che gli scioperi evitati nel 2019 sono stati centinaia e che quelli non evitati hanno visto una partecipazione crescente e massiccia.

Perchè questi scioperi sono stati minacciati dalle operaie e dagli operai ? La causa prevalente sembra essere il mancato o ritardato pagamento, ma quale è stata la conclusione del confronto tra lavoratrici e imprese ? Le lavoratrici hanno vinto la loro battaglia o hanno accettato compromessi a perdere ? Quale è stato il ruolo dei sindacati ? Bisognerebbe strappare le informazioni al Ministero, ma è difficile riuscirci. Ogni anno i governi promettono facilitazioni fiscali alle imprese straniere per convincerle ad aprire impianti in Marocco, ma a quale prezzo per i lavoratori e gli altri cittadini ?

Di tanto in tanto tra le cronache altisonanti che gli industriali consegnano alla stampa, si intravede una chiusura di fabbrica, e l’abbandono del paese da parte di questo o quel marchio internazionale, come se si trattasse di un fenomeno naturale, di una migrazione di uccelli, o di zebu … Non sarà che operaie e operai marocchini non ne possono più di lavorare per giornate intere, in condizioni disumane, per salari troppo bassi ? Le cronache tacciono.

E tacciono anche sulle condizioni di salute di migliaia e migliaia di donne e uomini assunte/i nella regione di Tanger-Tetouan-Al Hoceima, autentico feudo capitalista, e nelle altre regioni ? Il movimento di protesta delle donne che lavorano sulle terre soulaliyates è un altro campo del quale il Makhzen (“Il sistema”) non vuole che la stampa si occupi. Di cosa si tratta?

Un secolo e più fa la monarchia ha autorizzato delle comunità di campagna e di montagna a coltivare delle terre senza fornire titoli di proprietà ma il solo diritto di uso. Da qualche anno queste terre sono l’oggetto dei desideri di imprenditori nazionali e stranieri, e ciò ha spinto la monarchia e quindi i governi a cambiare le condizioni di sfruttamento di queste terre. Si tratta infatti di permettere a degli imprenditori che non appartengono alle comunità di impossessarsi delle terre “soulaliyates” con il pretesto di renderle produttive.

Le donne hanno dovuto combattere su due fronti per reclamare i loro diritti su terre che coltivano da generazioni (prima e dopo il “regalo” monarchico) : contro gli uomini delle comunità ai quali le autorità si rivolgevano per arrivare più presto alla privatizzazione, e contro i diversi livelli amministrativi che cercavano e cercano con il sostegno monarchico di dare queste terre a imprese a volte agro-industriali. Un combattimento che ha visto anche delle vittime tra le donne a causa della violenza poliziesca. La propaganda ufficiale vuole far credere che la privatizzazione sia la soluzione per rendere redditizie queste terre e le aree intorno, ma se così fosse perché non sostenere economicamente le donne che le coltivano assicurando loro anche il titolo di proprietà ? Evidentemente l’interesse del Makhzen (famiglia reale e sistema politico) su queste terre è quello di concederle a grandi gruppi agro-industriali in cambio di vantaggi per una minoranza al potere.

I militanti dello Hirak del Rif, dopo l’inizio della loro lotta, cominciano a sparire dalle cronache sociali e politiche per restare in qualche rigo di cronaca giudiziaria.

Il movimento era stato scatenato dalla morte tragica di Mohcine Fikri, stritolato in un camion della spazzatura per aver cercato di recuperare la merce (pesce) sequestratagli dalle autorità. Il movimento rappresentava la rabbia infine esplosa di una popolazione lasciata senza ospedali, senza scuole, senza lavoro, senza speranze, a causa della sua accanita resistenza contro tutte le occupazioni. Il movimento è stato fermato con la violenza della repressione : condanne a decine d’anni di prigione e nuova occupazione militare ancor più capillare con il pretesto della minaccia alla sicurezza e alla unità nazionale. E’ stato fermato ma non è morto, e una maggioranza di marocchini ha guardato con ammirazione questo movimento che ha sfidato il Makhzen.

La sola possibilità di trovare lavoro è quella di essere assunte/i come schiavi nel feudo colonialista di Tanger. La reazione degli abitanti del Rif a questa ondata di repressione che comprende la tortura in carcere dei detenuti è di solidarietà con i militanti in prigione e di fuga verso l’estero, ma anche la migrazione clandestina deve affrontare una repressione ogni giorno più violenta e inaudita : gli accampamenti dei migranti sono attaccati e distrutti in piena notte dalle forze dell’ordine che sequestrano i beni dei catturati e deportano questi verso il sud e l’est del paese, o nei CIE delle enclaves spagnole.

Prigionieri della loro regione, prigionieri nelle carceri, la rabbia degli abitanti del Rif non può che aumentare …. Il solo campo nel quale la stampa aveva potuto impegnarsi negli ultimi mesi è quello della protesta di medici e insegnanti che reclamavano migliori condizioni di lavoro e di pensione, con il sostegno degli studenti di medicina del settore pubblico.

La protesta ha marcato le cronache per mesi prima che il governo decidesse di minacciare e corrompere una parte dei rappresentanti degli studenti, forzandola a sottoscrivere un accordo con il Ministero, a dispetto del voto contrario della maggioranza degli studenti. E anche questa non è una pratica esclusivamente marocchina ….

La repressione sembra vincente al momento, ma le proteste e la violenza della repressione hanno incrinato la fiducia e l’alleanza silente tra la monarchia e il popolo. Come ogni monarchia, anche quella marocchina ha cercato di mostrarsi e alleata e protettrice del popolo contro una minoranza (aristocratica e borghese) accusata di essere la causa dei mali del paese.

Questo atteggiamento monarchico, dominante fino a qualche anno fa, sembra oggi sostituito da una diffidenza totale nei confronti dei manifestanti accusati di egoismo e tradimento nei confronti della causa nazionale (“disfattismo” si potrebbe dire).

Il monarca che voleva mostrarsi amico dei giovani, oggi accusa i giovani studenti di medicina di egoismo anti-nazionale perché reclamano università pubbliche e ospedali pubblici. I sedicenti musulmani della politica (PJD e altri), sempre i migliori alleati del capitalismo, pure hanno subito un duro colpo alla loro credibilità schierandosi con accanimento contro i giovani studenti e i militanti del Rif.

E allora cosa succederà in Marocco nel 2020 ? Non c’è nulla che funzioni : disoccupazione in crescita, inquinamento industriale e da rifiuti (montagne di spazzatura senza controllo), schiavitù, bidonville in cemento, migrazione costretta alla clandestinità, mancanza di speranze, e repressione sistematica. Questa rabbia troverà il vulcano politico per eruttare e cambiare il paese con una rivoluzione socialista che abbatta il sistema capitalista ? Auguri …