Alcuni anni fa, a ridosso dell’insediamento della presidenza di estrema destra di Jair Bolsonaro, si era costituito in Brasile un “Collettivo sindacale” denominato “Travessia” che si proponeva (citiamo dal manifesto di presentazione) “di discutere fraternamente divergenze e convergenze per costruire un intervento unitario nei sindacati e nei movimenti”, un collettivo sindacale e popolare di attivisti e organizzazioni “con il compito di rafforzare la resistenza dei lavoratori in una lotta economica e ideologica contro la forza sempre più aggressiva del capitale”.
“Il Brasile (continuava il manifesto) riflette le conseguenze del disordine del sistema mondiale, che minaccia le egemonie e la crisi economica mondiale che si trascina dal 2008. Il risultato più espressivo di questo processo è visibile nelle strade di tutto il paese: milioni di lavoratori disoccupati, precari e con minori tutele sociali, che contribuiscono ad approfondire le disuguaglianze e ad aumentare la concentrazione del reddito. Se, da un lato, poche famiglie hanno una ricchezza materiale assurdamente esagerata, dall’altro, milioni di persone si abbrutiscono in una vita di sacrifici e in un futuro desolante”.
Il collettivo Travessia ha seguito e partecipato attivamente a tutte le principali lotte sindacali che si sono svolte in Brasile durante la presidenza Bolsonaro, ha commentato e propagandato sui social (Instagram e Facebook) le mobilitazioni, le proposte e i dibattiti nel movimento sindacale del paese sudamericano. Ha sostenuto sempre la costruzione della massima unità d’azione tra le organizzazioni centrali, i movimenti sindacali, i movimenti popolari, i movimenti studenteschi, delle donne, degli LGBT, delle donne e degli uomini di colore, degli immigrati e dei popoli indigeni, le organizzazioni che lottano per i diritti civili e democratici e in difesa dell’ambiente. Il tutto in una prospettiva classista, internazionalista e di trasformazione socialista
Nella sua piattaforma costitutiva il collettivo afferma che “tra gli obiettivi di un collettivo popolare deve esserci la lotta contro l’avanzata burocratica che si sviluppa nei sindacati e nelle organizzazioni della nostra classe” al fine di “creare le condizioni che permettano la partecipazione dei lavoratori alle strutture decisionali … impedendo il personalismo e l’eccessiva concentrazione di potere”.
Alcuni giorni fa, a Brasília, in un salone del 2° piano del Palazzo Planalto, il palazzo della presidenza delle repubblica e del governo, si è tenuto un incontro tra il presidente Lula (che si è insediato al potere un mese fa), accompagnato dal ministro del Lavoro Luiz Marinho, e dirigenti e quadri di tutti i sindacati operanti nel paese.
Nell’occasione, è stato istituito un gruppo di lavoro di valutazione permanente sul salario minimo, composto, oltre che da leader sindacali anche da lavoratori in produzione del settore petrolifero, della scuola, dei trasporti, dipendenti pubblici, addetti alla distribuzione di piattaforme digitali, ecc.
L’incontro è stato concluso dal presidente, che ha affrontato tutte le diverse questioni riguardanti la classe lavoratrice, tra le quali la mancanza di diritti certi per i lavoratori delle piattaforme digitali, la necessità di valorizzare il lavoro nella funzione pubblica, penalizzato da otto anni di blocco degli stipendi, l’impegno ad arrivare alla esenzione totale dall’imposta sul reddito per coloro che guadagnano fino a 5 mila reais (900 euro circa), tassando i più ricchi per compensare le entrate.
Al termine dell’incontro, esponenti del collettivo Travessia hanno consegnato nelle mani del ministro del Lavoro Luiz Marinho un documento intitolato: “Un programma di transizione per superare anni di battute d’arresto”.