Comunicato del Nuovo partito anticapitalista, 19 gennaio 2023
Le cifre degli scioperi e delle manifestazioni sono storiche, con 1,2 milioni di manifestanti secondo la polizia, più di due milioni secondo l’intersindacale, tassi di sciopero molto alti (più del 70% nell’istruzione), mobilitazioni massicce nelle città. 50.000 a Bordeaux e Tolosa, 20.000 a Le Mans, 3.500 ad Alençon, 4.000 a Compiègne, 20.000 a Nizza, 7.000 ad Agen e Montauban, 4.000 a Gap, 15.000 ad Avignone, 50.000 a Nantes, 15.000 a Saint-Nazaire, 20.000 a Rouen, 35.000 a Le Havre, 15.000 a Bayonne e Pau, 13.000 a Quimper, 13.500 a Brest, 11.000 ad Angoulême, 10.000 a Poitiers, 13.000 ad Angers, e naturalmente diverse centinaia di migliaia a Parigi (ben lontano dagli 80.000 annunciati dal Ministero dell’Interno)…
Nella stragrande maggioranza delle città (anche le più piccole), le cifre erano superiori a quelle dei grandi scioperi del 1995, con talvolta una persona su sette o otto in strada. Nel settore privato la partecipazione è stata eccezionale, con scioperanti provenienti dall’industria alimentare, metallurgica, automobilistica, elettronica…
Una rabbia generale
La causa scatenante di questo movimento è la riforma delle pensioni, che costringerebbe i dipendenti a lavorare due anni in più, con un periodo di contribuzione più lungo e quindi pensioni ridotte. Tutto questo per consegnare decine di miliardi alle grandi imprese e per cercare di far passare una pietra miliare nella creazione di fondi pensione, pensioni complementari che diventerebbero necessarie per non invecchiare in miseria.
Sappiamo però che mettere la pensione a 60 anni e 37,5 anni, con un ritorno ai 10 migliori anni di calcolo nel settore pubblico come in quello privato, pesa per circa il 3,5% del PIL, che potrebbe essere recuperato per la maggior parte della popolazione tassando davvero i ricchi e le grandi aziende e smettendo di fare regali fiscali ai più abbienti. Le “soluzioni” violente di Macron non sono quindi inevitabili.
Al di là del rifiuto di questa controriforma, è una vera e propria frustrazione per la situazione economica e sociale globale che viene espressa: le pensioni erano già basse in seguito alle precedenti controriforme e l’attuale inflazione, con l’esplosione dei prezzi, sta già riducendo il potere d’acquisto delle classi lavoratrici. L’agitazione, la rabbia, è lì, contro Macron, contro questo governo, contro il loro disprezzo, contro le loro politiche ingiuste.
Costruire un movimento per vincere
La portata della mobilitazione pone enormi responsabilità a tutta la sinistra sociale e politica. Macron deve ritirare la sua riforma, dobbiamo ripristinare il pensionamento a 60 anni e aumentare i salari. Il governo si rifiuta e noi dovremo quindi alzare il livello di mobilitazione, passare da una giornata di sciopero, anche molto riuscita come quella di oggi, a uno sciopero rinnovato fino alla vittoria, ancora più massiccio, con la partecipazione di nuovi settori.
I sindacati hanno concordato una nuova convocazione per lo sciopero di martedì 31. È una data lontana, troppo lontana: avremmo certamente dovuto basarci su questo primo successo per annunciare una data anticipata la prossima settimana, per accelerare il ritmo, per organizzare un accumulo in modo da far salire il movimento di marcia.
Si tratta ora di organizzare assemblee generali di discussione nei luoghi di lavoro e nelle scuole per rafforzare e amplificare la mobilitazione, di costruire assemblee interprofessionali, di discutere della necessità di alzare l’asticella preparando il prolungamento dello sciopero da martedì 31 gennaio, dal 1° febbraio, e fino ad allora di mobilitarsi, di costruire lo sciopero ora ovunque sia possibile.
Ciò richiede anche la combinazione di diversi quadri e forme di mobilitazione, perché non possiamo permetterci il lusso della competizione nel nostro campo sociale. Per questo motivo partecipiamo alla manifestazione nazionale di sabato 21 gennaio a Parigi (ore 14.00 alla Bastiglia), indetta dalle organizzazioni giovanili.
Questa mobilitazione è un banco di prova: tutti i sindacati e i partiti, l’intera sinistra sociale e politica, la grande maggioranza della popolazione, si oppongono alla riforma. Se passa, il governo sentirà di avere le ali e accelererà gli attacchi. Al contrario, se vinciamo, possiamo ribaltare la situazione, conquistare il ritorno della pensione a 60 anni, aumenti di reddito, dare fiducia per costruire un’alternativa politica in rottura con Macron e il suo mondo, per una forza del mondo del lavoro contro questo sistema.