Né marasma né scissione, un congresso per la rifondazione!
Votata al CPN (Consiglio politico nazionale): 3 a favore, 44 contro, 5 astensioni
Dal nostro ultimo congresso, la situazione di crisi globale della redditività del capitale si è accentuata, portando a un peggioramento delle varie crisi economiche, politiche, sanitarie e climatiche. L’inflazione, l’accelerazione delle controriforme, lo sviluppo di una coscienza femminista, antirazzista o ecologica stanno dando vita a resistenze e lotte sparse.
Ma la crisi del movimento operaio organizzato crea anche una debolezza strutturale difficile da superare e impedisce l’unificazione delle mobilitazioni. La necessità di creare un legame tra il movimento sindacale non organizzato e quello organizzato, la centralità dello sciopero, l’auto-organizzazione, sono tutti elementi che devono essere sviluppati in un contesto in cui la strategia delle direzioni sindacali spesso contribuisce allo scoraggiamento.
Per far fronte a ciò, dobbiamo ovviamente costruire il fronte unito, l’unità dalla base ai vertici delle organizzazioni del movimento sociale attorno a richieste unificanti, e ciò che deve guidarci è il background politico degli appelli che firmiamo, così come la politica che mettiamo in campo in essi. Non dobbiamo esitare, se necessario, a sfidare le leadership burocratiche riformiste e a criticare pubblicamente la loro passività, la loro mancanza di un piano di battaglia o la loro politica di sconfitta. Infatti, se il fronte unito consente l’unificazione di classe, serve anche a dimostrare i limiti del riformismo su larga scala. Nella stessa logica, c’è anche l’urgenza di ricostruire quadri unitari antifascisti per rispondere all’ascesa dell’estrema destra, per garantire iniziative e premesse attiviste.
Ma se dobbiamo partecipare alla ricostruzione del movimento operaio, il nostro contributo centrale è strategico e programmatico, perché non sarà solo il nostro coinvolgimento volontaristico come “buoni costruttori di unità” a fare la differenza. Per poter costruire il fronte unito, dobbiamo costruire la nostra corrente senza scusarci di essere rivoluzionari. In questo modo, competeremo con i riformisti per la leadership dei movimenti, proponendo e difendendo il nostro orientamento in modo ampio. Questo è ciò che chiamiamo la rifondazione rivoluzionaria dell’NPA.
Per farlo, dobbiamo innanzitutto riconoscere che l’NPA non è più un partito ampio, che occupa lo spazio a sinistra del liberalismo sociale, ma un partito rivoluzionario. Questo va di pari passo con la costruzione del nostro impianto nei luoghi di lavoro – e in particolare nei settori femminilizzati e razzializzati come le pulizie, l’assistenza e la sanità – nei luoghi di studio, ma anche nei quartieri popolari. Infine, affermarsi significa partecipare alla (ri)costruzione o allo sviluppo di collettivi ambientalisti, femministi, antirazzisti e LGBTI.
La rifondazione rivoluzionaria dell’NPA significa anche riprendere il lavoro di elaborazione programmatica. Non ci accontentiamo più di un semplice programma di emergenza come quello di oggi, ma diffondiamo un vero programma di transizione comunista, credibile e desiderabile, che articoli la nostra strategia con misure concrete di rottura con il capitalismo. Questo è l’unico modo per portare avanti le nostre idee e mostrare così la nostra utilità di fronte alle illusioni riformiste e parlamentari. Ad esempio, offriamo idee su come passare da un’economia capitalista a un’economia pianificata, parlando dell’estensione dell’ambito di intervento della sicurezza sociale. Difendiamo anche la rottura anticapitalista con l’UE del capitale; un’ecologia antiproduttivista che presupponga che alcuni settori dell’economia si riducano.
Proponiamo quindi che il congresso deliberi sulla riscrittura dei nostri testi fondativi e dei nostri statuti, e che si proceda alla stesura di un manifesto programmatico coordinato da una commissione eletta dal primo CPN dopo il congresso, comprendente membri della direzione e delle varie commissioni.
Infine, poiché le questioni di funzionamento e di metodo sono questioni politiche, difendiamo un partito dal funzionamento rinnovato dove è bene lottare. Non vogliamo un fronte di tendenze senza centralismo democratico, né perpetuare i resti di un partito largo in una routine di apparato, e ancor meno in un partito senza diritto di tendenza.
Vogliamo quindi un NPA rivoluzionario, inclusivo e democratico, che rifiuti sia le pressione viriliste sia le manovre e i processi alle intenzioni, con diritti e doveri per tutte le correnti. Se non vogliamo chiudere i siti delle correnti, auspichiamo che diano priorità alla stampa e al sito “ufficiale”, proponendo prima i loro articoli a questi organismi. In cambio, devono essere in grado di avere forum regolari in questi e le proprie schede sul sito, che sarebbero liberi di alimentare come meglio credono. Fatte queste condizioni, le correnti dovrebbero rivedere la loro linea editoriale per articolarla meglio con quella del partito, aderendo ai comitati di redazione che si occupano del settimanale, della rivista e del sito. Nello stesso modo, l’insieme delle strutture del partito (gruppi di lavoro, commissioni…) devono essere realmente aperte ai compagni di ogni sensibilità che in cambio devono parteciparvi attivamente in base alle loro forze.
Infine, il partito di cui abbiamo bisogno deve applicare la rotazione dei mandati, e rimettere al centro del gioco i comitati, in particolare organizzando riunioni nazionali annuali dei comitati, invece di concepirli come semplici esecutori. Sono quelli che hanno portato avanti la campagna presidenziale del 2022 per Philippe Poutou e che declinano quotidianamente la linea nazionale sul campo. Devono poter dire la loro.