Viktor L’vovič Kibal’čič naque a Bruxelles il 30 dicembre 1890, figlio di rifugiati politici russi, dai quali eredita la passione sociale, e l’antimilitarismo. Lascia molto precocemente la famiglia e si collega a circoli anarchici radicali, in particolare quelli che poi daranno vita alla Banda Bonnot, il gruppo armato che operò negli anni immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale in Francia e in Belgio. Individuato dalla polizia francese (nel frattempo si era trasferito a Parigi), si rifiutò di collaborare e venne condannato nel 1912 a cinque anni di prigione.
In quegli anni, pur conservando ideali fortemente libertari, comincia a maturare una critica di fondo verso l’anarchismo e, in particolare, verso la sua ispirazione individualista. Scrive:
«Gli anarchici puntano ancora ad una purezza rivoluzionaria sempre più alta, vogliono reagire contro il burocratismo sindacale ma, occorre dirlo, arrivano solo, seppure con le migliori intenzioni del mondo, con grande impegno personale, perfino con eroismo, a moltiplicare le sette, le sotto-sette, le deviazioni ridicole o tragiche (l’esperantismo, il vegetarianesimo, il naturismo, l’amoreliberismo ovunque; il banditismo in Francia; il terrorismo in Spagna)».
Ma rifiuta anche l’anarcosindacalismo.
Al termine della pena, viene espulso dalla Francia e si rifugia in Spagna, dove collabora (e stampa, come tipografo) il giornale Tierra y Libertad, nel quale adotta lo pseudonimo che poi manterrà per tutta la vita: Victor Serge.
Quando viene a conoscenza della rivoluzione del febbraio 1917, decide immediatamente di trasferirsi in Russia, ma viene arrestato lungo il percorso in Francia, che lo libererà solo nel 1919, grazie ad uno scambio di prigionieri tra la Russia sovietica e la Francia. Arrivato finalmente nella città di Pietrogrado, assediata dalle armate controrivoluzionarie bianche, aderisce immediatamente al Partito bolscevico, mettendosi al servizio del giornale del soviet della città.
Partecipò ai primi congressi dell’Internazionale comunista (IC), collaborando, in particolare vista la sua perfetta conoscenza dello spagnolo e del francese, con l’Esecutivo diretto da Zinoviev, occupandosi della edizione francese del giornale della IC e scrivendo numerosi articoli per i giornali delle sue varie sezioni nazionali.
Si impegnò per cercare di criticare, con l’efficacia di chi ne ha conosciuto dall’interno le pulsioni ideali, le correnti anarchiche e il loro settarismo contro il bolscevismo, ma fu anche attivo nel cercare di indurre il partito a non usare metodi repressivi verso gli ambienti libertari e, più in generale, nel criticare gli eccessi violenti della CeKa.
Al momento della sollevazione di Kronstadt (marzo 1921), si impegnò attivamente per cercare una mediazione tra il governo bolscevico e i marinai insorti. Dopo la repressione del movimento, peraltro, si salvò dall’arresto solo grazie alla intercessione di Zinoniev, che garantì per lui.
Nel 1923, si impegna immediatamente nella opposizione di sinistra, appena fondata da Trotsky, denunciando con nettezza la burocratizzazione dello stato e dell’Internazionale. Le critiche che sviluppò sulle conseguenze nefaste che quella burocratizzazione ebbe sugli esiti della rivoluzione cinese del 1927, gli costò l’espulsione dal partito con l’accusa di «attività frazionistiche».
Nel 1933, venne condannato alla deportazione negli Urali, e riesce a salvarsi dalla stagione dei processi di Mosca nel 1936, grazie ad una campagna internazionale che vide impegnati numerosi e importanti intellettuali democratici, tra i quali l’italiano Gaetano Salvemini.
Privato della nazionalità russa ed espulso dall’URSS, raggiunge il Belgio e poi la Francia, dove si impegna a fondo contro la feroce repressione che nel paese dei soviet stava colpendo l’intera generazione dei vecchi bolscevichi. Nella guerra di Spagna, sostiene la tesi della necessità della convergenza stretta tra anarchici e marxisti. Comincia ad allontanarsi da Trotsky, criticandolo per il suo settarismo nei confronti del POUM, il partito comunista antistalinista di Andrés Nin. Le critiche politiche che rivolse a Trotsky su questo e su tanti altri temi (in primo luogo sul suo orientamento al momento di Kronstadt) non scalfirono però la stima profonda tra i due, tanto che V. Serge scelse, dopo l’assassinio di Trotsky ad opera di un sicario stalinista, di scriverne la biografia, in collaborazione con la vedova del grande rivoluzionario russo.
Nel frattempo, senza più possibilità di risiedere in un qualunque paese europeo, riuscì a rifugiarsi in Messico, dove nel novembre 1947, morì nella più totale povertà.