intervista di Roberto Ciccarelli a Enzo Traverso, storico e docente all’università Cornell (Stati Uniti), da il manifesto del 10 novembre 2022
Il ministro Giuseppe Valditara ripropone il mantra delle destre da Berlusconi in poi. E rischia di imporre una visione ufficiale del passato come nel socialismo reale, o nel fascismo. Perché non ne ha scritta un’altra in occasione dell’anniversario della Marcia su Roma? Il governo Meloni e la tendenza verso il neoliberalismo autoritario
«La lettera agli studenti scritta dal ministro dell’istruzione “e del merito” Giuseppe Valditara in occasione dell’anniversario della caduta del Muro di Berlino mi ha fatto sorridere per tre ragioni – afferma Enzo Traverso, storico delle idee e docente all’Università Cornell negli Stati Uniti – La prima: come mai non ha sentito il bisogno di scriverne un’altra nell’anniversario della marcia su Roma, punto di partenza di un regime nemico della libertà e democrazia, che ha lastricato la storia di cadaveri? La seconda: un governo espressione di una maggioranza che ha eletto un presidente della Camera che ha inviato messaggi di amicizia ad Alba dorata in Grecia o quello del Senato con i busti di Mussolini in casa fa l’elogio della liberal-democrazia? Poi nella lettera si parla di “nostalgie dell’impero sovietico”. Incarnate, se ne deduce, dalla Russia di Putin nella guerra contro l’Ucraina. Colpisce il fatto che il ministro che l’ha scritta appartenga alla Lega, nota per essere uno dei migliori alleati in Occidente di Putin. Mi chiedo se abbiano il senso del ridicolo».
Valditara ritiene di avere presentato un invito alla discussione sul comunismo e le sue contraddizioni…
Il ruolo del ministro dell’istruzione non consiste nel riscrivere la storia e una democrazia liberale non dovrebbe imporre una visione ufficiale del passato. Il socialismo reale aveva un’ideologia di stato, il ministro Valditara vorrebbe fare dell’anticomunismo l’ideologia ufficiale dello stato? Il metodo è lo stesso. Una vera democrazia liberale dovrebbe essere fondata sul rispetto della libertà e del pluralismo delle idee. Valditara pensa che democrazia liberale significhi anticomunismo. Mi sembra che questo episodio sia rivelatore della matrice antidemocratica del governo Meloni.
In che senso?
La concezione che questo ministro ha del proprio ruolo è simile a quella dei regimi totalitari che pensa di condannare. Nel socialismo reale, o nei fascismi, i ministeri dell’istruzione facevano propaganda.
Ha detto che la lettera è l’espressione di un «anticomunismo ufficiale»? Cosa significa?
Questo è l’architrave della Seconda repubblica. Berlusconi ne ha fatto il suo mantra per un ventennio di fronte al vuoto lasciato dall’auto-dissoluzione del Pci. Contro questa offensiva ideologica non c’è stata nessuna risposta, nessun tentativo di storicizzare criticamente il comunismo. Salvo il fatto di dire che era un’esperienza chiusa e da superare, non da elaborare ma da nascondere con vergogna. Questa rimozione ha creato un vuoto culturale che il post-fascismo ha occupato presentandosi come paladino della democrazia e identificando quest’ultima con il neo-conservatorismo.
Non ha l’impressione che la lettera possa essere condivisa anche da una parte più ampia dell’opinione politica?
Sì, il testo di Valditara è l’espressione di una cultura cresciuta in un clima di anticomunismo ufficiale. È il risultato dei discorsi sui «ragazzi di Salò», per esempio. L’ambizione di recuperare la cultura liberale è stata anche del «centro-sinistra». Il problema è che non ha recuperato Gobetti, e nemmeno Bobbio. La tradizione liberale è diventata la facciata vuota della società di mercato e il neo-liberismo è diventato l’identità fondamentale del centrosinistra. Con un’armatura ideologica del genere è molto difficile contrastare l’offensiva delle destre post-fasciste.
Si prepara un’offensiva revisionista su larga scala?
Sicuramente. Ci sarà, da questo punto di vista, una continuità tra Meloni e Berlusconi. Riprenderanno temi come le foibe, i gulag, i crimini del comunismo. E non si parlerà dei crimini del colonialismo italiano e del fascismo. Si dirà che il fascismo era una reazione al comunismo. Sono discorsi rodati da tempo. L’obiettivo è legittimare come forza di governo un movimento che ha matrici fasciste.
Dio, patria, famiglia. E merito, impresa, profitto. Come si spiega il sincretismo della destra post-fascista?
La meritocrazia formulata in termini neoliberali, cioè società di mercato e liberal-darwinismo, non rientra nel codice culturale del fascismo: statalista, autoritario, xenofobo, nazionalista e razzista anche nell’idea del Welfare. Oggi però il governo Meloni è l’espressione più vistosa di una tendenza verso il neo-liberalismo autoritario che permette la convergenza tra la democrazia liberale classica e il post-fascismo. Quest’ultimo, per legittimarsi come forza di governo, ha introiettato i valori e i linguaggi del capitalismo.
Come si risponde a questa guerra culturale?
Facendo un lavoro tenace, ad impatto mediatico molto limitato inizialmente, attraverso le reti sociali, il lavoro di contro-informazione e contro-culturale. Bisogna spiegare cosa sia la storia del comunismo con le sue contraddizioni, la sua dimensione di oppressione ma anche quella di liberazione. Vanno decostruiti i modelli neo-liberali, meritocratici e autoritari e il discorso sulla memoria che ci sono proposti.