di Yorgos Mitralias
Purtroppo, la fine di Berlusconi non significa la fine del modello di politica (borghese) che ha inventato e attuato.
Perché no? Perché Berlusconi è riuscito a dare l’esempio, plasmando un’intera “generazione” di politici di estrema destra estremamente neoliberisti e iper-reazionari che già governano o minacciano di governare quasi metà dell’umanità, flirtando con il fascismo quando non si dichiarano apertamente fascisti.
E, naturalmente, i “risultati” di Berlusconi sono sufficienti a giustificare l’affermazione di molti dei suoi attuali apologeti secondo cui egli ha “lasciato un segno nella storia del suo paese e del suo tempo”. Tuttavia, essi dimenticano di aggiungere che Berlusconi “ha lasciato il segno nel suo paese e nel suo tempo” allo stesso modo del suo compatriota… Benito Mussolini, al quale Silvio amava essere paragonato quando prese le redini del governo italiano dopo i trionfi elettorali del 1994, 2001 e 2008…
Si tratta solo delle vanterie di un fanfarone incallito con la predilezione per i paroloni privi di impatto pratico?
Certamente no, se ricordiamo non solo che l’attuale prima ministra “post-fascista” italiana, Giorgia Meloni, è una sua creazione personale, ma anche che Berlusconi ha fatto in modo, fin dal primo giorno della sua carriera politica, che gli epigoni di Mussolini uscissero dal quarantennio postbellico, prima facendo del loro leader Gianfranco Fini il vicepresidente dei suoi governi, poi fondendo il suo partito con quello dei fascisti di Fini.
Ma Berlusconi non si è limitato a questa sistematica “collaborazione” con i figli spirituali di Mussolini.
Ha fatto qualcosa di molto più importante e terribilmente pericoloso: ha cambiato l’Italia in modo così radicale da rendere irriconoscibile un intero paese e la sua società, l’Italia. Come abbiamo scritto lo scorso settembre (in francese), commentando le elezioni italiane che hanno visto il trionfo della Meloni, “il berlusconismo, quel misto di cinismo neoliberista, volgarità nouveau riche, razzismo aggressivo e sessismo estremo, amoralismo sfrenato, ha portato e continua a portare scompiglio perché si è radicato nella società italiana e ora scorre nelle sue vene”.
Ma l’importanza storica e l’estrema pericolosità di Berlusconi risiedono soprattutto nel fatto che egli non ha limitato l’impatto delle sue azioni al proprio paese, ma le ha consapevolmente conferito una dimensione internazionale.
Come negli anni Ottanta la Thatcher ha avviato e “legittimato” con il suo esempio le politiche neoliberiste che sono state poi attuate da innumerevoli imitatori in tutto il mondo, così Berlusconi, alla fine del XX secolo e all’inizio del XXI, ha “inventato”, ha avviato e “legittimato”, con il suo esempio (vittorioso), politiche – ma anche comportamenti – violentemente antioperaie e al tempo stesso ultra-reazionarie e oscurantiste, che prima di lui sarebbero state impensabili, ma che oggi vengono attuate da decine di suoi imitatori, grandi e piccoli, in tutto il mondo.
Infatti, la diffusione del modello politico berlusconiano è ormai così capillare, e le sue radici anche nelle metropoli del capitalismo internazionale così evidenti, da costituire probabilmente la più grande e immediata minaccia politica per l’umanità.
Ecco cosa scrivevamo in proposito nove mesi fa in un articolo dal titolo eloquente: “Verso l’Internazionale bruna dell’estrema destra europea e globale?”:
L’India di Modi, la Russia di Putin, il Brasile di Bolsonaro, l’Ungheria di Orban, e presto l’Italia di Giorgia Meloni e forse gli Stati Uniti di Trump II – l’elenco è tutt’altro che esaustivo, ma dà un’idea della gravità della minaccia che incombe sull’umanità. Lungi dall’essere tutti nostalgici o “eredi” del fascismo e del nazismo del periodo tra le due guerre, questi leader sono accomunati dal razzismo, dalla xenofobia, dall’autoritarismo, dall’islamofobia e dall’antisemitismo, dall’aperto rifiuto della democrazia parlamentare (borghese) e dalla misoginia, la loro adorazione per i combustibili fossili e lo scetticismo climatico, il loro militarismo, il loro disprezzo per i diritti e le libertà democratiche, il loro controllo della storia e delle teorie cospirative, il loro odio per la comunità LGBTQ, il loro oscurantismo e il loro attaccamento viscerale al trittico “famiglia-patriarcato-religione”.
Naturalmente, non è un caso che tutti costoro siano sempre stati amici, alleati e ammiratori di Berlusconi, e che oggi si sfidino a colpi di lodi sfrenate del loro defunto idolo e modello politico.
Oltre all’odio – spesso omicida – che loro, come molti altri, nutrono nei confronti del movimento operaio, degli immigrati, di tutte le minoranze etniche, sessuali e di altro genere, dei “diversi” e, naturalmente e soprattutto, delle donne, c’è qualcos’altro che li accomuna e che è un contributo del tutto personale del defunto Silvio Berlusconi: un particolarissimo approccio “estetico” alla vita che coniuga la volgarità estrema con la teppaglia, l’esibizionismo macho con la misoginia più primitiva.
E tutto questo coltivando la violenza e il culto della violenza, monopolizzato dalle “élite”, cioè da loro stessi, per sottomettere e schiacciare tutti coloro che, in Europa, in America e nel resto del mondo, si ostinano a difendere e a rivendicare i più elementari diritti e libertà democratiche…
In conclusione, Berlusconi ci ha lasciato, ma la sua eredità, che rimane più che mai temuta, non ci permette di gioire come vorremmo per la lieta notizia della sua scomparsa.