di Andrea Martini
La settimana che inizia oggi potrebbe essere decisiva nella partita che si è aperta tra il governo di Macron e Borne e lo straordinario movimento che si è sviluppato in queste ultime settimane contro la riforma delle pensioni.
Oggi il testo della controriforma previdenziale messa a punto dal ministro francece del Lavoro, Olivier Dussopt, approda nell’aula dell’Assemblea nazionale, dopo essere stato discusso a lungo nelle commissioni. Olivier Dussopt arriva a questo appuntamento fortemente azzoppato dalle indiscrezioni di stampa che hanno denunciato alcuni scandalosi favoritismi nell’assegnare alcuni appalti pubblici nel comune di Annonay di cui era sindaco.
Inoltre la prima ministra Elisabeth Borne ha dichiarato di non voler utilizzare l’articolo 49.3 della costituzione (la decretazione d’urgenza) per non rivelare ancora di più la situazione di debolezza in cui i macronisti e il loro governo si trovano, non disponendo di una maggioranza in parlamento.
Ma ha altresì dichiarato solennemente anche la “irrinunciabilità” del progetto di riforma, tanto più dopo le manifestazioni e gli scioperi delle scorse settimane. L’edizione francese dell’Huffington Post riporta la dichiarazione di un non meglio identificato “dirigente della maggioranza” (meglio sarebbe dire della “minoranza governativa”) secondo cui “se il governo dovesse fare marcia indietro domani sulle pensioni, non vedo come potrebbe continuare a proporre riforme per il resto del mandato quinquennale”.
I deputati della destra tradizionale gollista, i “Repubblicani” di Sarkozy, che Macron vorrebbe reclutare per far passare la “controriforma” sembrano sempre più renitenti. L’evidentissima contrarietà della stragrande maggioranza dell’opinione pubblica sta persino aprendo delle crepe nella compattezza dello stesso gruppo parlamentare del partito di Macron, Renaissance.
Tutti i gruppi parlamentari (escluse ovviamente le opposizioni dichiarate della NUPES e dell’estrema destra) vogliono “migliorare la riforma”. Infatti, oltre ai quasi 20.000 emendamenti presentati dalla NUPES per sostenere il suo ostruzionismo, alcune migliaia ne sono stati presentati anche dai Repubblicani e circa 400 persino da deputati di Renaissance.
Macron, sulla carta dispone di 250 deputati (170 Renaissance, 51 Modem, 29 Horizons), ma la maggioranza necessaria è di 289. E questo è al lordo di più che possibili defezioni. Le opposizioni (NUPES e estrema destra) dispongono di 256 deputati. Dunque il comportamento dei 62 deputati del gruppo “repubblicano”, e la tenuta complessiva della minoranza macronista giocheranno un ruolo decisivo.
Elisabeth Borne, per venire incontro alle perplessità dei “Repubblicani”, ha annunciato la disponibilità del governo a consentire che chi ha iniziato a lavorare a 20 anni possa comunque andare in pensione a 63 e non a 64. Ma alcuni deputati del gruppo repubblicano hanno già annunciato che questa modifica non sarà insufficiente per avere il loro consenso. Anzi, alcuni di loro, evidentemente impauriti dall’evidentissima impopolarità della riforma, hanno definito la proposta di “mediazione” un “inganno”, anche se i vertici del partito “sarkoziano” sembrano più disponibili.
Naturalmente, l’atmosfera è dominata dall’attesa delle nuove manifestazioni che domani, martedì 7, attraverseranno tutta la Francia. Sarà la terza giornata campale, dopo il 19 e il 31 gennaio, le due giornate di sciopero e di manifestazione indette dall’intersindacale. Ma in questi giorni la Francia è costantemente percorsa tutti i giorni e in tutte le città, grandi, medie e piccole da migliaia di iniziative che tengono viva la tensione sulla questione.
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