Delle imminenti elezioni brasiliane abbiamo già parlato in un recente articolo. Aggiungiamo qui alcuni elementi. Lula sta progredendo nei sondaggi. Un recente sondaggio di Datafolha gli attribuisce il 47% delle intenzioni di voto contro il 33% di Bolsonaro. Al terzo posto nei sondaggi si colloca i “centristi” Ciro Gomes (del PDT) e Simone Tebet (del MDB), rispettivamente con il 7% e il 5% delle intenzioni di voto. Il candidato della sinistra sta martellando per il “voto utile” per raggiungere e superare il 50% dei voti validi al fine di essere eletto al secondo turno. Nel caso nessuno dei candidati raggiungesse il 50% il secondo turno si svolgerebbe domenica 30 ottobre.
Lula sta operando per mostrare l’ampio sostegno che ha la sua candidatura. Il quotidiano Folhla de São Paulo, il 24 settembre 2022, in un articolo di Victoria Azevedo, descrive così il meeting svoltosi a Grajaú, nella periferia Sud di São Paulo: “Lula era accompagnato dal suo candidato vicepresidente, Geraldo Alckmin [recentemente passato al Partito Socialista Brasiliano-PSB, di centrosinistra, dopo aver lasciato il PSDB, di centrodestra, di cui era leader, ndt], dal candidato del PT al governo di San Paolo, Fernando Haddad, dalla presidente del PT, Gleisi Hoffmann, dall’ex ministro Aloizio Mercadante del PT, dall’ex senatrice e ex ministro dell’Ambiente Marina Silva [del partito La Rede, di centrosinistra, ndt], dall’ex governatore dello stato di San Paolo, dopo Márcio França del PSB, dal senatore Randolfe Rodrigues della Rede, dal leader del Movimento dei lavoratori senza tetto Guilherme Boulos del PSOL e dal presidente nazionale del PSOL, Juliano Medeiros. Anche gli altri partecipanti alla manifestazione hanno sottolineato l’importanza del voto e lo sforzo che gli attivisti devono fare nell’ultima settimana prima del 2 ottobre per garantire un risultato vincente, già al primo turno”.
Pubblichiamo qui un articolo di Valerio Arcary, professore in pensione dall’IFSP, dottorato di ricerca in Storia presso l’USP, militante trotzkista dalla Rivoluzione portoghese dei Garofani. Autore di numerosi libri, tra cui Il martello della storia, da esquerdaonline.com.br
1Nell’attuale momento della campagna elettorale, la posizione favorevole di Lula nei sondaggi è così grande, grazie al consolidamento di un vantaggio sostanziale, che l’ipotesi più probabile è la vittoria di Lula al primo turno. Sebbene con un certo margine di incertezza, è possibile anche una maggioranza di voti validi. Il tasso di rifiuto di Bolsonaro rimane estremamente alto, superiore al 50% [secondo un sondaggio di Datafolha, ndt]. Una vittoria nel Sud-Est e nel Nord-Est, sostenuta dai più poveri, dalle donne, dai neri e dai giovani, rafforzata da uno spostamento silenzioso degli elettori degli altri candidati, soprattutto di Ciro Gomes, potrebbe garantire il 2% mancante. Questa sarebbe l’ipotesi migliore, perché se un secondo turno è indispensabile, l’ottobre 2022 sarà certamente il mese più lungo della nostra vita. Bolsonaro non esiterà a “giocare al terrore”, dalla notte del 2 ottobre. “Giocare al terrore” è un modo per descrivere quella che sarà una campagna elettorale spaventosa, implacabile e spietata. Negli ultimi mesi abbiamo già avuto un buon assaggio di come gli odi sociali accesi dai fascisti diffondano le paure politiche. Ma potrebbe essere molto peggio.
2La campagna sistematica di messa in discussione delle urne elettroniche e di denuncia preventiva dei cosiddetti brogli deve essere presa sul serio. Bolsonaro ha già chiarito che non riconoscerà la legittimità del risultato in caso di mancata vittoria. Cercherà di infiammare la furia della sua base sociale denunciando il fatto che i suoi voti sono stati rubati. Sarebbe avventato ignorare che questa campagna ha un’immensa risonanza sociale tra le decine di milioni di persone che si identificano con il bolsonismo. Hanno dimostrato di avere un pugno di ferro sociale.
Non sarebbe saggio sottovalutare l’autorità carismatica di Bolsonaro e l’impatto del discorso cesarista sulle masse reazionarie che lo seguono.
Il 7 settembre [di cui abbiamo parlato in altro recente articolo, ndt] ha offerto una lezione fondamentale: in Brasile esiste un movimento politico di tipo fascista. Qualsiasi perplessità, incertezza, esitazione o tergiversazione sulla caratterizzazione, l’impianto e la capillarità di questa forza politica sarebbe un errore con conseguenze strategiche. Un partito fascista di tipo “classico” non è stato costruito, per molteplici ragioni – una questione complessa – ma questo non diminuisce il pericolo che il bolsonarismo rappresenta. Si riferisce a: fattori strutturali, come la frattura all’interno della borghesia e le difficoltà nell’organizzazione dei settori intermedi; fattori sovrastrutturali: c’è stata molta improvvisazione nel preparare la candidatura di Jair Bolsonaro nel 2018. A questo si aggiunse la ricerca di una maggioranza al Congresso, che impose una negoziazione con la babele di più di dodici partiti del “centro”, i partiti che vivono finanziariamente di legami con le varie istituzioni del potere. Infine, lo stile di leadership personale di Bolsonaro ha un effetto disorganizzante, anche per l’estrema destra. Ma il bolsonarismo non si dissolverà con una sconfitta elettorale. Solo una profonda sconfitta politica aprirà la strada: deve passare attraverso un processo giudiziario, attraverso la condanna e l’incarcerazione di Bolsonaro; questo dipende anche da un cambiamento nell’equilibrio sociale del potere.
3Il conteggio parallelo dei voti che le forze armate hanno ottenuto dal Tribunal Superior Eleitoral (TSE) è un’anomalia antidemocratica che non è stata denunciata. Non è stata una “manovra intelligente” quella di aprire una breccia tra il bolsonarismo e l’esercito. Come parte di un esplicito ricatto pubblico contro il sistema di voto elettronico e i suoi risultati, si è trattato di una concessione irragionevole, mascherata da consenso, affinché un controllo esterno inappropriato, indebito e arbitrario potesse mettere in discussione l’esito delle elezioni.
Immaginare che le forze armate abbiano preteso questa prerogativa per rafforzare la legittimità del TSE in caso di vittoria di Lula è un azzardo sciocco che ignora il ruolo dei militari negli ultimi quattro anni. Il sistema giudiziario elettorale è l’unica istituzione che dovrebbe essere responsabile dello spoglio, del conteggio e della promulgazione dei risultati del voto.
Il diritto di monitorare le elezioni non consente uno spoglio indipendente, né tantomeno l’annuncio o la proclamazione dei risultati. Permettere alle forze armate di avere un proprio centro di conteggio non ha senso. A differenza delle elezioni nordamericane, in Brasile l’alto comando dell’esercito è complice di Bolsonaro.
4Se Bolsonaro non riconoscerà il risultato elettorale, come è prevedibile, ci sarà una lotta per aprire, immediatamente, un processo di impeachment fulmineo dalla presidenza. Bolsonaro, all’interno del Palazzo del Planalto [il palazzo della presidenza a Brasilia, ndt], sarà un fuorilegge. Questa iniziativa deve provenire sia dal ramo legislativo che da quello giudiziario. Il TSE deve prendere l’iniziativa di difendere la chiarezza del processo elettorale che esso stesso ha organizzato. Il Congresso nazionale non può continuare a essere ostaggio di un presidente che sovverte il sistema democratico non riconoscendo la sua sconfitta elettorale.
5In questo contesto, la mobilitazione di massa sarà essenziale. Alla fine, sarà il fattore decisivo. La notte di domenica 2 ottobre sarà fondamentale scendere in piazza per celebrare la sconfitta del fascismo e difendere la vittoria di Lula. Il ruolo della sinistra in questo scenario scoraggiante ma prevedibile sarà fondamentale. A condizione che sia possibile una vittoria al primo turno e che la transizione si svolga senza terribili turbolenze. Ma non è questo il caso. Abbiamo bisogno di un piano A, di un piano B e anche, per essere sicuri, di un piano C. Prepariamoci allo scenario peggiore. Non possiamo lasciarci sfuggire la vittoria alle urne. Molte persone hanno sofferto troppo perché ciò sia possibile.