di Giovanna Russo
Fin dalle prime battute della campagna elettorale in corso, i sondaggi di opinione hanno mostrato il balzo in avanti di Fratelli d’Italia, dalla modesta percentuale (4%) delle scorse elezioni politiche alla dimensione di primo partito italiano. La sua leader e fondatrice Giorgia Meloni ha affermato, con la determinazione che le è propria, di essere “pronta a governare” e la scritta “Pronti” campeggia su giganteschi cartelli elettorali nelle strade delle città.
FdI non si presenta come partito nostalgico del MSI, erede del fascismo del secolo scorso, pur conservandone i tratti fondamentali di nazionalismo, razzismo, sessismo e autoritarismo politico. Per tranquillizzare i mercati e i soggetti internazionali, Meloni ha rilasciato dichiarazioni rassicuranti sul rispetto dei vincoli economici e la collocazione atlantica di un suo futuro governo, sebbene abbia continuato ad agitare alcune posizioni sovraniste – “meno Europa ma meglio”, “è finita la pacchia” – ma per il resto si sente libera di parlare “alla pancia” dell’elettorato: manifesta la sua avversione per l’omo-trans-sessualità, promette il pugno duro contro immigrati, delinquenti e prostitute, accusa di prevaricazione e corruzione le élite politiche di sinistra contrapponendovi la sua specchiata estrazione sociale “popolare”, introduce nell’agenda politica la sua immagine di “donna, madre, cattolica”.
Al centro del programma elettorale Risollevare l’Italia, il sostegno alla natalità e alla famiglia è il primo e più sviluppato capitolo. Che cosa è la famiglia per questa estrema destra postmoderna, che riafferma il valore della tradizionale triade Dio, Patria e Famiglia? Lo chiarisce una citazione di Giovanni Paolo II “…è l’elemento fondante della società, che rende una Nazione veramente sovrana e spiritualmente forte”. Con un mix di valori religiosi e laici, il modello di famiglia riproposto è quello ritenuto “naturale”, fondato sul matrimonio eterosessuale e sulla rigida divisione dei ruoli maschili e femminili, in cui le donne garantiscono l’ ”economia del dono”, il lavoro di cura non pagato e non riconosciuto in una società ordinata secondo i principi della gerarchia di classe e di sesso, dell’individualismo competitivo, del profitto individuale.
In Ungheria Orbán ha stabilito un contributo finanziario per le famiglie in cui le mogli si ritirano dal lavoro per dedicarsi a tempo pieno alla procreazione e alla cura domestica – analogo provvedimento fu sperimentato nella Germania nazista – ma il capitalismo italiano ha bisogno della forza-lavoro femminile anche sul mercato formale, perciò occorrono misure di conciliazione tra famiglia e lavoro. Il programma di FdI prevede l’aumento del numero degli asili nido anche con il ricorso alle tagesmutter, modello tedesco di asilo privato, un sistema di tassazione basato sul “quoziente familiare” sulla base del reddito e del numero dei componenti, l’aumento degli importi dell’attuale assegno unico universale per i figli, una quota di reddito deducibile per l’impiego di badanti e collaboratrici domestiche, ed altre agevolazioni nello spirito delle politiche familiste, che generalmente sostituiscono lo stato sociale distrutto dai tagli di spesa pubblica con i servizi del settore privato e prospettano aiuti finanziari alle famiglie meno abbienti. Salvo che, passate le elezioni, molte di quelle promesse sono destinate a restare sulla carta.
Per il resto, campo libero all’azione dei movimenti pro-life e anti-abortisti. Meloni ha affermato di non volere l’abolizione della L.194 (tacendo sull’enorme diffusione dell’obiezione di coscienza, un reale ostacolo all’applicazione della legge) ma si può fare guerra all’aborto in molti modi, per esempio con il ricatto e l’umiliazione delle donne che decidono di farvi ricorso: la proposta di legge, Disposizioni in materia di sepoltura dei bambini non nati, prima firmataria Isabella Rauti, depositata in Senato e di cui il senatore De Carlo ha annunciato la ripresentazione, impone la sepoltura dei feti abortiti, anche senza consenso dei genitori; nelle regioni amministrate da FdI proposte simili sono in discussione, insieme al rifiuto di recepire le indicazioni ministeriali sull’uso della pillola Ru486 nei consultori. A quando la replica del decreto di Orbán, che impone alle donne in procinto di abortire di ascoltare il battito del cuore del feto?
Riempire le culle italiane vuote, svuotare le frontiere piene. Quest’altro obiettivo al centro della campagna elettorale prende a pretesto la difesa delle donne per contrastare l’immigrazione. Per Meloni sono troppo morbide le politiche securitarie correnti, occorre “una svolta politica forte” per garantire l’inviolabilità dei confini nazionali – la chiusura dei porti, il blocco navale, la creazione di hot-spot nei territori extra-europei, oltre quelli che già sono luoghi dell’orrore e della violenza disumana contro i più poveri del mondo. La condivisione del video dello stupro di Piacenza, un gesto volgare e crudele nei confronti della donna abusata, doveva servire a riaffermare che lo straniero immigrato è per sua natura un predatore, come se gli autori della violenza di genere non fossero anche “bianchi” e autoctoni. Nessuna volontà di leggere il fenomeno della violenza nella sua complessità. In Italia, secondo l’Istat, il 31,5% delle donne ha subito una qualche forma di violenza nella propria vita, il più delle volte da parte di un familiare o un ex partner, ma per la destra il pericolo è l’immigrazione, il rimedio è scatenare la caccia al mostro. La retorica razzista specula sul disagio e l’insicurezza, diffonde idee e parole d’ordine che diventano senso comune, l’humus su cui sono nati i tanti episodi criminali contro extracomunitari.
Le ansie per il declino demografico sono spesso legate alla teoria della “sostituzione etnica” delle popolazioni autoctone, una tesi di matrice nazifascista che trova credito oggi soprattutto in ambienti nazionalisti e sovranisti, secondo cui l’arrivo di immigranti e rifugiati in Europa minaccerebbe le popolazioni autoctone “bianche”. L’identità nazionale da difendere dall’ “invasione straniera” è l’asse portante dell’unità dei cittadini al di sopra della classe e di ogni divisione sociale, è difesa del modello di vita occidentale, cioè della classe dominante occidentale. Di immigrazione l’asfittico sistema produttivo ha bisogno e il razzismo contribuisce a dare forma al processo di svalorizzazione del lavoro immigrato nel mondo globale, che obbliga ad accettare i lavori più umili e i salari più bassi. E la discriminazione etnica passa anche attraverso il genere: le donne immigrate, una quota importante dell’ondata che arriva nei paesi sviluppati, impiegate soprattutto come badanti e collaboratrici domestiche, sono l’ultimo anello di una catena della cura ormai internazionale, che permette alle donne occidentali di famiglia benestante di emanciparsi dai ruoli domestici… magari per entrare nello spazio politico, anche fino alle soglie del governo.
Non si può fare a meno di rilevare ancora, nel lungo programma elettorale di FdI, il capitolo sulla politica culturale dedicato alla necessità di “creare un nuovo immaginario italiano” a partire dalla scuola, per esempio riscrivere la storia nell’esaltazione della romanità e dei grandi personaggi d’Italia, rimuovendo le interpretazioni e le rappresentazioni sgradite, vera premessa di una svolta autoritaria che subordina la cultura e la ricerca alla politica, eliminando proposizioni non desiderate che “minacciano i simboli della nostra identità”. Si può immaginare quale sarebbe il posto delle donne nella cupa società del conservatorismo di destra, dove si controlla la legittimità dei comportamenti e si reprimono le contraddizioni e le tensioni reali.
Voteranno le donne per Giorgia Meloni?
Fino ad oggi le analisi dei risultati elettorali dicono che il voto femminile rispetto a quello degli uomini è più orientato verso i partiti di sinistra che danno spazio ai diritti civili e alle tematiche ambientali ma è in aumento la capacità dei movimenti populisti di destra di attrarre l’elettorato femminile, con differenze territoriali e di titolo di studio. Questa volta un fattore di ulteriore attrazione potrebbe essere l’idea del voto per una donna…. pazienza se, in una struttura maschilista come FdI, Meloni sia l’unica donna a ricoprire una carica importante.
Giorgia non è certo un’icona femminista: c’era dell’ironia nella sua osservazione, diretta ai suoi oppositori della sinistra riformista, a proposito del fatto che, se per la prima volta l’Italia avesse un capo di governo di sesso femminile, sarebbe una rottura del “tetto di cristallo”. Così, in qualche modo, il problema della sotto-rappresentazione delle donne nelle istituzioni e negli organismi economici e politici è entrato in questa campagna elettorale. Il “tetto di cristallo” è la metafora degli ostacoli sociali, culturali e psicologici, invisibili ma pervicaci, che impediscono l’avanzamento di carriera delle donne. Quest’idea ha acquisito centralità nelle politiche istituzionali a favore delle donne, sospinta da un settore di femminismo liberal–democratico, ruotando intorno al concetto di empowerment: chi rimane indietro deve potenziare le sue facoltà. Ciascuna giochi le sue carte e si faccia avanti!
In questa visione, i concetti chiave di altre correnti femministe, che coniugano l’idea di liberazione con quella di eguaglianza e giustizia sociale, sono scalzati da parole d’ordine fortemente individualiste, una conversione ideologica che riduce gli esseri umani a soggetti atomizzati, imprenditori di se stessi, occupati ad investire su di sé. Ma l’avanzamento delle donne che sono nella condizione materiale di poter perseguire la propria valorizzazione, non è abbastanza per cambiare l’impianto ideologico della società e la distribuzione delle risorse, non ribalta il meccanismo di oppressione che ha radici profonde nella struttura della società e nel modo con cui sono costruiti i ruoli di genere, non sottrae la grande maggioranza della popolazione femminile al confinamento nello spazio chiuso della famiglia e al ruolo riproduttivo, che riproduce simbolicamente le gerarchie di potere.
La leadership femminile può forse avere rilevanza in quanto esempio che potrebbe essere seguito anche da altre, ma è un fatto che la cooptazione di alcune donne ai vertici politici – generalmente nei paesi dove c’è una maggiore condivisione del lavoro di cura e delle responsabilità domestiche – non ha intaccato lo svantaggio delle altre. Nessuna di loro ha portato avanti rivendicazioni utili per le altre e, anzi, come spesso accade alle donne “promosse”, nessuna si oppone alla “legge del padre”. Sanna Marin, che porta la Finlandia nella Nato, Liz Truss, che non nasconde le sue visioni guerrafondaie, le premier in carica in Islanda, Svezia, Danimarca, Estonia, Lituania e la presidente della UE Ursula von der Leyen, agiscono applicando le stesse politiche neo-liberali dei colleghi uomini che tagliano posti di lavoro e servizi, aggravando la condizione del resto delle donne.
In realtà le donne hanno tutto da perdere dalla vittoria elettorale di FdI e della coalizione di destra.
Il prossimo governo – qualunque sia – porterà la continuità, e per certi versi l’accelerazione della linea politica liberista e delle politiche repressive finora gestite anche dai governi del centro e della sinistra moderata. Per le donne, che sono la componente più povera della popolazione, significa carovita e bassi salari, diritti messi discussione, aggravamento dell’esistenza faticosa e subalterna nell’ambito del capitalismo patriarcalista.
Il nostro auspicio è che le donne si uniscano nel rilancio delle lotte sociali contro tutti gli aspetti dell’oppressione e dello sfruttamento, contro un progetto di riorganizzazione reazionaria che fa leva sulle donne, perché la famiglia è la sentinella dell’ordine sociale, ma minaccia l’intero proletariato, su tutti scaricando i costi di una crisi generale sempre più profonda che produce, ormai, anche guerre e catastrofi internazionali.
La marea nera sta salendo, in Italia e nel mondo, nei paesi dove le destre stanno estendendo i loro tentacoli. Come scriveva Gramsci “Il vecchio mondo sta morendo, il nuovo non riesce a nascere. In questo chiaroscuro nascono mostri”.