di Patrick Le Moal
La creazione della coalizione Nuova Unità Popolare Ecologica e Sociale (NUPES, la coalizione costruita tra la France Insoumise-LFI di Jean-Luc Mélenchon, con il PCF, i Verdi e il Partito Socialista) e la dinamica unitaria intrapresa durante le elezioni presidenziali rappresentano un importante cambiamento nel campo politico della sinistra francese. A prescindere dai suoi limiti, in particolare la scelta di integrare nella coalizione il Partito socialista e personalità della politica social-liberale o addirittura provenienti dal partito di Macron (LREM), e dal fatto che in questa fase si tratta solo di una dinamica elettorale, è innegabile che si stia aprendo una nuova congiuntura politica. È troppo presto per dirlo oggi, ma questo cambiamento è un punto di forza per invertire il corso delle cose, per porre fine al massiccio voto per l’estrema destra negli ambienti operai, al razzismo diffuso, alle politiche neoliberali che distruggono i diritti sociali, agli attentati alle libertà e al cambiamento climatico.
L’esistenza del NUPES apre la possibilità di impedire a Macron di avere la maggioranza assoluta nel parlamento e completamente mano votilibera per attuare le sue politiche. Infine, se un’opposizione politica di sinistra potesse essere in parte l’espressione nel quadro istituzionale delle aspirazioni degli sfruttati e degli oppressi, avremmo altri mezzi per far avanzare la costruzione di un’alternativa sociale e politica capace di organizzare centinaia di migliaia di persone oppresse attorno a un progetto ecosocialista.
Queste osservazioni preliminari indicano che l’analisi del programma non riassume tutto ciò che sta accadendo, per non parlare dell’essenza del progetto politico espresso nel programma NUPES.
Da dove viene?
In larga misura, sia nel piano che nella formulazione, il programma NUPES si rifà a l’Avenir en commun (il programma di Mélenchon per le recenti presidenziali, a sua volta ripreso da quello per le elezioni del 2017). È il frutto di un laborioso lavoro di armonizzazione tra sensibilità diverse e con molti interlocutori esterni alla LFI riuniti per la sua elaborazione, cosa che spiega molte formulazioni e proposte molto precise su centinaia di questioni.
Il programma unitario è stato discusso in breve tempo, a seguito di incontri bilaterali tra la LFI e ogni organizzazione che ha partecipato alla costruzione del quadro unitario, e mostra anche i punti di disaccordo, che vedremo essere sostanziali su alcune questioni, ma che non mettono in discussione l’orientamento generale del programma presidenziale di Mélenchon.
Il programma si inserisce nella prospettiva del socialismo repubblicano tradizionale, caratterizzato da una rottura con il social-liberismo e il produttivismo, che formula una risposta sociale ed ecologica alle crisi vissute dalle classi lavoratrici. La novità, in linea con il programma de L’Avenir en Commun, è la volontà di negoziare tra le organizzazioni per affrontare questa scadenza elettorale, invece di cercare di unificare il popolo attorno al leader nella concezione populista della sinistra.
Quale cambiamento di rotta?
Come in L’Avenir en Commun, nemmeno una volta nel progetto si parla dell’aspirazione a costruire una società socialista, o eco-socialista, o post-capitalista, o anche semplicemente a sbarazzarsi del capitalismo, o della denuncia del capitalismo in quanto tale, o di una rottura con gli attuali sistemi politici rappresentativi. In una determinata situazione è inevitabile che un programma elettorale non risponda a tutte queste domande. Ma per definire la prospettiva proposta, per sapere se si tratta di una rottura con le attuali politiche neoliberali o se, più globalmente, si cerca una dinamica di rottura con il sistema capitalista, lo Stato capitalista, è importante la natura dell’obiettivo. In questo caso, è chiaro che si tratta fondamentalmente di una rottura solo con le politiche neoliberali.
Le formulazioni sulla rivoluzione dei cittadini, sull’insurrezione dei cittadini, sono scomparse dal testo della NUPES. Anche se queste formulazioni non rappresentano una strategia per l’organizzazione dal basso dei dominati contro il capitalismo e rappresentano, dietro un vocabolario radicale, la riattivazione della classica strategia riformista di accesso al potere attraverso le urne, la loro eliminazione dal programma ha un significato politico: una parte del radicalismo verbale è stata cancellata.
E per questo abbiamo bisogno di un progetto politico alternativo che dia un senso globale al confronto, un progetto post-capitalista, ecosocialista o qualsiasi altro nome, guidato da una o più forme di organizzazione della classe sfruttata e oppressa.
Sul piano economico, la NUPES propone sempre di intervenire in alcune decisioni economiche senza mettere globalmente in discussione la proprietà privata dei mezzi di produzione e il funzionamento del sistema capitalistico. Come in L’Avenir en Commun, ribadisce la creazione di centri pubblici di medicina, energia, trasporti e sanità per reindustrializzare il Paese, la volontà di rilocalizzare la produzione, di avere un piano di ricostruzione industriale, di rendere possibile il diritto di requisire le aziende di interesse generale da parte dello Stato. Inoltre, la nazionalizzazione di Ariane Espace (la principale azienda mondiale nel trasporto spaziale commerciale, ndt), degli aeroporti, delle autostrade, della SNCF, della Française de Jeux (la società monopolistica delle lotterie francesi, ndt), e la socializzazione delle banche generali (il PS e i Verdi non sono d’accordo), la requisizione delle aziende essenziali per la produzione di attrezzature sanitarie, la fine della privatizzazione delle dighe idroelettriche e delle industrie degli armamenti e il controllo pubblico delle infrastrutture digitali e, infine, una moratoria sui partenariati pubblico-privato. A ciò si aggiunge l’abolizione della liberalizzazione dei mercati dell’elettricità e del gas e il divieto di brevettare farmaci e attrezzature “necessari per una risposta sanitaria urgente”.
Anche se queste politiche hanno un significato reale, sono ben lungi dall’essere decisive e dall’invertire le successive ondate di privatizzazioni che si sono verificate in Francia.
Infine, stanno emergendo altre risposte, con una misura simbolica ma interessante: l’istituzione di un diritto di prelazione che consenta ai lavoratori di rilevare la propria impresa sotto forma di cooperativa e, soprattutto, il consolidamento delle misure per fare dell’economia sociale e solidale l’alternativa all’economia liberale.
Tutti hanno proposto il diritto dei comitati aziendali di porre il veto ai piani di licenziamento (respinto da EELV e PS) e il divieto di licenziamento per motivi economici nelle aziende che pagano dividendi o ricevono aiuti pubblici.
Nel campo della finanza, viene introdotta una tassa “significativa” (sostituendo l’aggettivo “reale”) sulle transazioni finanziarie, un divieto sui derivati tossici, la separazione tra banche d’investimento e banche di deposito, e un audit dei cittadini sul debito per determinarne la parte illegittima…
Per quanto riguarda i servizi pubblici e l’occupazione, l’accesso a tutti i servizi pubblici essenziali (scuole, stazioni ferroviarie, ospedali, uffici postali, ecc.) e alle strutture sportive e culturali nel raggio di 15-30 minuti (in auto o con i mezzi pubblici) da qualsiasi luogo di residenza, e varie misure a sostegno di comuni, comunità e iniziative sociali.
Ricostruzione del servizio ospedaliero pubblico, abolizione del sistema a pagamento, con un piano di assunzioni, e varie misure contro i “deserti sanitari” [principalmente zone rurali prive di assistenza sanitaria], per affrontare la salute mentale, ecc. e per far fronte alle pandemie, come il rilascio di brevetti, la requisizione temporanea di aziende essenziali e la creazione di un polo pubblico dei farmaci. Infine, l’introduzione del rimborso del 100% dell’assistenza sanitaria integrando l’assistenza sanitaria complementare nella previdenza sociale (misura respinta dal PS).
Anche l’assunzione di personale in amministrazioni come la giustizia, l’istituzione di servizi pubblici per la prima infanzia, il sostegno ai disabili, la pubblicazione scientifica, la riparazione e il riutilizzo… 500.000 posti negli asili nido, 15.000 alloggi universitari e 200.000 alloggi pubblici all’anno. D’altra parte, la stabilizzazione dei lavoratori precari nella pubblica amministrazione non è più “automatica”, ma solo “proposta” (e comunque respinta dal PS).
Per quanto riguarda le misure sociali, rimane in vigore l’annuncio di abrogare le ordinanze Pénicaud (la riforma del diritto del lavoro del 2020, ndt), la legge El Khomri (la legge che nel 2016, sotto il governo “socialista” ha flessibilizzato all’estremo i contratti di lavoro, ndt) e la riforma dei sussidi di disoccupazione di Macron nel 2021 [le tre grandi controriforme del lavoro], e di tornare al principio del favore nelle negoziazioni [la possibilità per gli accordi contrattuali solo di migliorare e non di peggiorare le condizioni di lavoro al di là di quanto decretato dalla legge], che è importante, anche se è lontano dall’annullare tutti i processi di distruzione delle conquiste sociali ottenute negli ultimi 30 anni.
Il CDI [contratto a tempo indeterminato] viene mantenuto come forma normale e generale di impiego, così come la quota massima di contratti precari (10% nelle piccole e medie industrie e 5% nelle grandi aziende), l’obbligo di assumere personale dipendente per le piattaforme digitali, la regolamentazione del subappalto (ma con l’abbandono della limitazione al primo livello prevista da L’Avenir en Commun).
L’aumento dello salario minimo intercategoriale è maggiore, da 1.400 a 1.500 euro netti. Le altre misure per i dipendenti pubblici, il divario salariale (da uno a 20 tra il più basso e il più alto in un’azienda) e la parità di retribuzione tra uomini e donne sono mantenute, ma alcune misure previste come automatiche in L’Avenir en Commun sono ora previste per l’adozione in una conferenza sociale generale sui salari (in particolare, che la soglia per la rivalutazione dei salari sia almeno pari alla crescita del rendimento degli azionisti). La parte che riguarda i disoccupati è quasi identica: indennizzo fin dal primo giorno, limitazione dell’abolizione del sussidio di disoccupazione [che si genera quando, ad esempio, una persona non può giustificare di essere alla ricerca di un lavoro], ripristino del sistema intermittente, nonché l’idea di una garanzia di lavoro con l’offerta a qualsiasi disoccupato di lunga durata di un lavoro utile in un settore di emergenza, retribuito almeno con il salario minimo, finanziato dallo Stato e coerente con le sue qualifiche, la sua carriera professionale e i suoi desideri.
Si è mantenuto lo stesso testo sulla ricostituzione del CHSCT [Comitato per la salute e la sicurezza sul lavoro], contro gli infortuni sul lavoro, per un’estensione del riconoscimento delle malattie professionali alle ustioni, a tutti i prodotti cancerogeni e alle malattie ambientali.
Per quanto riguarda la riduzione dell’orario di lavoro, si fa un passo indietro. L‘Avenir en Commun prevedeva di ripristinare la settimana lavorativa legale di 35 ore aumentando il costo degli straordinari, con le prime 4 ore maggiorate al 25% e le successive al 50%, passando a 32 ore per il lavoro usurante o notturno e incoraggiando “la sua generalizzazione attraverso la contrattazione collettiva” e la generalizzazione della sesta settimana di ferie. Ora, il programma NUPES si accontenta di convocare una conferenza nazionale su questi temi (senza specificare il livello di aumento del costo degli straordinari)…
Per quanto riguarda l’occupazione, è incluso l’obiettivo di creare “almeno un milione di posti di lavoro attraverso investimenti nella transizione ecologica e sociale”.
Vengono mantenuti il diritto di andare in pensione a 60 anni con una pensione completa per 40 anni di contributi, le pensioni minime al livello del salario minimo per le carriere complete e la pensione minima di vecchiaia al livello della soglia di povertà, 1063 euro al mese per una persona sola. Si aggiunge il ripristino del fattore hardship.
Altre misure sociali e fiscali
Viene mantenuta la progressività fiscale, con 14 scaglioni, il rafforzamento dell’imposta sul patrimonio, la revisione dell’imposta sulle società, l’eliminazione delle nicchie fiscali e la scomparsa del quoziente matrimoniale [il beneficio fiscale per le coppie sposate] e la riduzione dell’IVA sui beni di prima necessità, così come il congelamento dei prezzi di base (benzina, cibo, energia), la creazione di una garanzia di dignità che non lasci nessuno al di sotto della soglia di povertà (1063 euro al mese per una persona sola) e un assegno di autonomia per i giovani al di sopra di questa soglia.
Inoltre, si mantiene il controllo degli affitti, il divieto di sfratto se non c’è una ricollocazione in alloggi pubblici (il PS non lo accetta), l’esproprio delle case vuote, l’obiettivo di zero senzatetto (raddoppiando il numero di posti nei rifugi), la garanzia universale dell’affitto e la costruzione di 20.000 case all’anno.
La biforcazione e la pianificazione ecologica
Le risposte volte ad adattarsi ai limiti della natura rimangono centrali, la nozione di pianificazione ecologica che era dominante in L’Avenir en Commun è un po’ meno accentuata nel programma NUPES, anche se è ancora esplicitamente presente, con la creazione di un Consiglio di Pianificazione Ecologica che supervisiona, organizza e implementa il piano, e di organismi pubblici rafforzati (Cerema, l’Ufficio Nazionale delle Foreste, l’Ufficio della Biodiversità, ecc.).
Nel merito, l’elenco dei grandi progetti ecologici rimane pressoché invariato: rinnovo delle infrastrutture, decontaminazione, investimenti nell’efficienza energetica, isolamento di 700.000 abitazioni all’anno, fine dell’insicurezza energetica, ecc. e si aggiunge il riconoscimento di uno status giuridico per la natura.
Per quanto riguarda l’energia, viene ribadito l’obiettivo del 100% di energie rinnovabili, ma non più specificato per il 2050, viene mantenuta l’uscita dal nucleare, l’abbandono degli EPR [reattori nucleari europei “pressurizzati”], lo smantellamento dei siti e l’uscita dalle energie del carbonio (il PCF è contrario), la creazione di un polo energetico pubblico che comprenda la rinazionalizzazione di EDF [l’azienda elettrica ex monopolista, l’equivalente dell’ENEL italiana, ndt] ed Engie [l’ex monopolista del gas, ndt] (il PS e l’EELV sono contrari), nonché le cooperative locali. Numerose proposte prevedono l’azzeramento dei rifiuti e il rifiuto dell’obsolescenza programmata dei prodotti.
Anche le proposte per l’agricoltura ecologica e contadina sono ben sviluppate, con la creazione di 300.000 posti di lavoro per l’agricoltura rilocalizzata, la riorganizzazione della Politica Agricola Comune, la lotta contro l’uso “artificiale” dei suoli, il ritiro dei fertilizzanti, la regolamentazione dei prezzi agricoli (che il PS non accetta), divieti per le megafattorie, il miglioramento delle condizioni agricole (anche se il rifiuto degli OGM è scomparso), contro il cibo spazzatura, compresa la sperimentazione di una garanzia universale di accesso al cibo come primo passo verso la sicurezza alimentare sociale, lo sviluppo del cibo biologico, ecc. Si parla anche della socializzazione dei beni comuni decisa tramite referendum, della battaglia per rendere l’acqua un tema centrale, della difesa delle foreste, dei limiti alla caccia (non accettati dal PS e dal PC), della protezione dei mari e del contenimento dell’espansione urbana.
Per quanto riguarda le istituzioni e le proposte democratiche, il passaggio alla VI Repubblica come “regime parlamentare stabile” avverrà attraverso modalità elaborate dall’Assemblea Nazionale (non più attraverso un referendum diretto, come definito in precedenza), una procedura di sponsorizzazione direttamente dei cittadini per l’elezione presidenziale in alternativa alle 500 sponsorizzazioni dei rappresentanti eletti, e diverse misure per un funzionamento più parlamentare.
L’elezione proporzionale a livello dipartimentale è ancora presente (tranne che per il PS che vuole un’elezione prevalentemente proporzionale).
Altre misure e nuove modifiche presentate nel documento sono importanti: il diritto di voto a 16 anni (il PCF è contrario), il referendum di iniziativa popolare sulla base di firme raccolte tra i cittadini, così come il riconoscimento del voto in bianco e del voto dei residenti stranieri nelle elezioni locali. Si tratta di un insieme di misure importanti la cui attuazione potrebbe cambiare profondamente le condizioni della vita politica.
Per quanto riguarda le libertà, l’abrogazione dello stato di emergenza permanente, delle leggi sul separatismo e sulla sicurezza globale che minano le nostre libertà individuali, mentre la “valutazione delle leggi esistenti” sostituisce l’abrogazione delle “disposizioni liberticide”.
Mentre il PS rifiuta di usare la terminologia “violenza poliziesca”, lo “smantellamento” delle BAC [brigate anticrimine] e delle BRAV-M [brigate motorizzate per la repressione delle azioni violente] è sostituito dal loro “ridispiegamento”, la polizia municipale non è più integrata nella polizia di prossimità, il divieto delle pistole elettriche, dei LBD [lancia proiettili di gomma] e delle granate è sostituito dal divieto delle “armi mutilanti”. D’altra parte, rimangono in agenda il divieto delle tecniche di contenzione letale, il ripristino di un “codice etico basato sul 1986”, così come la sostituzione dell’IGPN e dell’IGGN [la polizia della polizia] con un’autorità indipendente e l’aumento del numero del personale incaricato di perseguire i reati finanziari.
Il capitolo sulla lotta alla discriminazione prevede anche l’introduzione di uno strumento per il controllo dell’identità per “combattere i controlli facciali”.
Una misura che preoccupa molti: la legalizzazione e la regolamentazione da parte di un monopolio statale del “consumo, produzione e vendita di cannabis in condizioni che consentano di combattere la dipendenza” (il PS e il PCF chiederanno un dibattito su questo tema). Diverse proposte estendono il diritto all’aborto (il termine legale è esteso a 14 settimane), la possibilità di adozione a tutte le coppie, il cambiamento di stato civile, così come il diritto alla contraccezione e il diritto a morire con dignità.
La questione dei migranti occupa poco spazio. Si continua a denunciare Frontex, ma non più la politica di Schengen, si propone l’abrogazione del regolamento di Dublino, della legge contro il separatismo, della legge su “asilo e immigrazione” e di garantire il pieno diritto di sbarco. Si include la proposta sul diritto di voto alle elezioni locali.
Per chi arriva, si vuole garantire il diritto di asilo, facilitare l’accesso ai visti, regolarizzare i lavoratori, gli studenti e i genitori degli alunni e istituire il permesso di soggiorno decennale come documento di riferimento.
Sulle scuole, si vuole estendere la scolarizzazione fino a 18 anni. La volontà di garantire la presenza di una scuola pubblica laica in ogni comune viene sostituita da una “mappa delle scuole” che integri gli istituti privati e dalla garanzia del “carattere unitario del servizio pubblico”, mentre la volontà di abolire i privilegi dell’istruzione privata viene respinta dal PS. Il capitolo sull’istruzione e la formazione è molto sviluppato, dalla prima infanzia all’università, insistendo sulla gratuità e sulla qualità dell’istruzione, sulla base della preoccupazione di ricostruire una “scuola globale” nello spirito della legge sull’istruzione del 1989 (la cosiddetta Legge Jospin, ndt), con una riduzione delle dimensioni delle classi, misure a favore degli insegnanti… (con il PS che rifiuta di abrogare la legge del 2007 sui bilanci autonomi delle università, e quella Fioraso e, più in generale, il principio dell’autonomia universitaria).
Per i giovani, rimane l’estensione dell’obbligo scolastico fino a 18 anni e la “coscrizione civile di 9 mesi per le donne e gli uomini sotto i 25 anni” prevista da L’Avenir in Commun è sostituita da un dibattito su “una coscrizione civile per le donne e gli uomini pagata sulla base del salario minimo per compiti di interesse generale”.
Infine, i cambiamenti più importanti riguardano le questioni europee e la politica internazionale.
Il capitolo più modificato è quello sulla disobbedienza all’Europa in L’Avenir en Commun, che conferma il ruolo delle istituzioni europee nella costrizione neoliberista di tutta la politica. Tutte le misure di blocco previste da L’Avenir en Commun, l’uso del diritto di veto, la disobbedienza alle regole europee, sono limitate, e sono orientate alla volontà di “biforcare, di imprimere una svolta alle politiche europee”, di lavorare per modificare le regole incompatibili con il programma, essendo “pronti a rompere certe regole”.
A livello internazionale, un capitolo sulla NATO viene sostanzialmente modificato: il ritiro del comando militare e lo smantellamento dell’organizzazione (con il dissenso del PCF e dell’LFI) vengono eliminati dal testo comune, che ribadisce la volontà di “rafforzare e democratizzare l’ONU”.
Conclusione rapida
È chiaro che, nel bilancio finale, ciò che progredisce, come il salario minimo e i posti di lavoro per la transizione ecologica, è meno importante delle battute d’arresto, come quelle che hanno messo in moto le conferenze nazionali, le battute d’arresto sulla NATO e sulla questione europea, oltre a varie questioni ad hoc. Inoltre, ovviamente, i punti su cui il PCF, l’EELV e il PS sono in disaccordo potrebbero impedire qualsiasi decisione se il NUPES avesse la maggioranza in Assemblea, come nel caso dell’energia nucleare, ad esempio.
Tuttavia, questi cambiamenti non trasformano il senso generale del programma di misure opposte al neoliberismo e al social-liberismo macroniano.