di Rajan Menon, professore emerito di relazioni internazionali alla Powell School del City College di New York e membro del Saltzman Institute of War and Peace alla Columbia University, da tomdispatch.com
Nel 1919, il famoso economista britannico John Maynard Keynes scrisse il controverso libro Le conseguenze economiche della pace. In esso avvertiva che le condizioni draconiane imposte alla Germania sconfitta dopo quella che allora si chiamava Grande Guerra – che oggi chiamiamo Prima Guerra Mondiale – avrebbero avuto conseguenze disastrose non solo per quel paese, ma per tutta l’Europa. Oggi, ho adattato il suo titolo per considerare le conseguenze economiche dell’attuale guerra (minore) – quella dell’Ucraina, naturalmente – non solo per i diretti interessati, ma anche per il resto del mondo.
Dopo l’invasione russa del 24 febbraio, non sorprende che la copertura mediatica si sia concentrata principalmente sui combattimenti quotidiani, la distruzione di beni economici ucraini che vanno da edifici e ponti a fabbriche e intere città, la situazione dei rifugiati ucraini e degli sfollati interni, e le prove accumulate delle atrocità commesse. I potenziali effetti economici a lungo termine della guerra in Ucraina e oltre non hanno attirato tanta attenzione, per ragioni comprensibili. Sono meno palpabili e, per definizione, meno immediati. Eppure la guerra avrà un enorme impatto economico, non solo sull’Ucraina, ma anche su persone estremamente povere che vivono a migliaia di chilometri di distanza. I paesi più ricchi soffriranno anche gli effetti negativi della guerra, ma saranno in grado di affrontarli meglio.
Ucraina frantumata
Alcuni si aspettano che questa guerra duri per anni, persino per decenni, ma questa stima sembra fin troppo deprimente. Quello che sappiamo è che, anche dopo due mesi, le perdite economiche dell’Ucraina e l’assistenza esterna di cui avrà bisogno per tornare a una parvenza di normalità sono considerevoli.
Cominciamo con i rifugiati e gli sfollati in Ucraina. Insieme, questi due gruppi rappresentano già il 29% della popolazione totale del paese. Per mettere questo in prospettiva, provate a immaginare 97 milioni di americani (o 18 milioni di italiani, ndt) in una tale situazione nei prossimi due mesi.
Alla fine di aprile, 5,4 milioni di ucraini erano fuggiti dal paese verso la Polonia e altri paesi vicini. Anche se molti di loro – le stime vanno da diverse centinaia di migliaia a un milione – hanno iniziato a tornare, non è certo che potranno rimanere (ed è per questo che le cifre dell’ONU li escludono dalla stima del numero totale dei rifugiati). Se la guerra peggiora e dura davvero per anni, un continuo esodo di rifugiati potrebbe portare a un totale inimmaginabile oggi.
Questo affaticherà ulteriormente i paesi che li ospitano, compresa la Polonia, che ha già ammesso quasi 3 milioni di ucraini. Una stima pone il costo di fornire loro i bisogni di base a 30 miliardi di dollari. E questo solo per un anno. Inoltre, quando è stata fatta questa proiezione, c’erano un milione di rifugiati in meno di oggi. A questo si aggiungono i 7,7 milioni di ucraini che hanno lasciato le loro case ma non il paese stesso. Il costo della ricostruzione di tutte queste vite sarà enorme.
Quando la guerra sarà finita e questi 12,8 milioni di ucraini sradicati inizieranno a cercare di ricostruire le loro vite, molti troveranno che i loro edifici e le loro case saranno distrutti o inabitabili. Gli ospedali e le cliniche da cui dipendevano, i luoghi dove lavoravano, le scuole dei loro figli, i negozi e i centri commerciali a Kiev e altrove dove compravano i beni di prima necessità, potrebbero anche essere stati rasi al suolo o gravemente danneggiati. L’economia dell’Ucraina dovrebbe ridursi del 45% solo quest’anno; non è sorprendente se si considera che la metà delle sue imprese non sono operative e, secondo la Banca Mondiale, le esportazioni via mare dalla sua costa meridionale ormai assediata sono effettivamente cessate. Un ritorno ai livelli di produzione dell’anteguerra richiederà almeno diversi anni.
Circa un terzo delle infrastrutture dell’Ucraina (ponti, strade, linee ferroviarie, sistemi idrici, ecc.) è già stato danneggiato o demolito. Ripararli o ricostruirli richiederà tra i 60 e i 119 miliardi di dollari.
Il ministro delle finanze ucraino stima che quando si aggiungono le perdite di produzione, esportazioni e reddito, il danno totale causato dalla guerra supera già i 500 miliardi di dollari. Questo è quasi quattro volte il valore del prodotto interno lordo dell’Ucraina nel 2019 (126 miliardi di dollari).
E tenete presente che queste cifre sono al massimo delle approssimazioni. I costi reali saranno senza dubbio più alti e negli anni a venire saranno necessari enormi quantità di aiuti da parte delle organizzazioni finanziarie internazionali e dei paesi occidentali. In una riunione convocata dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) e dalla Banca Mondiale, il primo ministro ucraino ha stimato che la ricostruzione del suo paese richiederà 600 miliardi di dollari e che ha bisogno di 5 miliardi di dollari al mese per i prossimi cinque mesi solo per puntellare il suo bilancio. Entrambe le organizzazioni hanno già preso provvedimenti. All’inizio di marzo, il FMI ha approvato un prestito di emergenza di 1,4 miliardi di dollari per l’Ucraina e la Banca Mondiale ha approvato altri 723 milioni di dollari. E questo è certamente solo l’inizio di un flusso di fondi a lungo termine verso l’Ucraina da questi due prestatori, mentre i governi occidentali e l’Unione europea forniranno senza dubbio i propri prestiti e sovvenzioni. [Questo solleverà la questione dello status del debito dell’Ucraina, che è già oggetto di una richiesta del movimento di solidarietà – edit].
L’Occidente: inflazione più alta, crescita più bassa
Le onde economiche create dalla guerra hanno già un impatto sulle economie occidentali e questo non farà che aumentare. La crescita economica nei paesi europei più ricchi è stata del 5,9% nel 2021. Il FMI si aspetta che scenda al 3,2% nel 2022 e al 2,2% nel 2023. Nel frattempo, solo tra febbraio e marzo di quest’anno, l’inflazione in Europa è balzata dal 5,9% al 7,9%. E questo sembra moderato rispetto all’impennata dei prezzi dell’energia in Europa. A marzo, erano già aumentati del 45% su base annua.
La buona notizia, secondo il Financial Times (1 aprile 2022), è che la disoccupazione è scesa al minimo storico del 6,8%. La cattiva notizia è che il tasso d’inflazione è superiore all’evoluzione dei salari, così che i dipendenti, in media, hanno perso circa il 3%.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, la crescita economica, stimata al 3,7% per il 2022, dovrebbe essere migliore di quella delle principali economie europee. Tuttavia, il Conference Board, un think tank per le sue 2.000 aziende associate, si aspetta che la crescita rallenti al 2,2% nel 2023. Nel frattempo, il tasso d’inflazione statunitense ha raggiunto l’8,54% alla fine di marzo. Questo è il doppio di quello che era 12 mesi fa e il più alto dal 1981.
Jerome Powell, presidente della Federal Reserve (Fed), ha avvertito che la guerra causerà ulteriore inflazione. L’editorialista ed economista del New York Times Paul Krugman pensa che scenderà, ma se lo fa, la domanda è quando e a quale ritmo? Inoltre, Krugman si aspetta che l’aumento dei prezzi peggiori prima di iniziare a diminuire. La Fed può frenare l’inflazione aumentando i tassi di interesse, ma questo potrebbe finire per ridurre ulteriormente la crescita economica. In effetti, Deutsche Bank ha fatto notizia il 26 aprile prevedendo che la lotta della Fed contro l’inflazione avrebbe portato a una “grande recessione” negli Stati Uniti entro la fine del prossimo anno.
Oltre all’Europa e agli Stati Uniti, anche l’Asia-Pacifico, la terza economia mondiale, non ne uscirà indenne. Sulla base degli effetti della guerra, il FMI ha tagliato le sue previsioni di crescita per la regione di un ulteriore 0,5% al 4,9% quest’anno dal 6,5% dell’anno scorso. L’inflazione nella regione Asia-Pacifico è stata bassa, ma si prevede un aumento in diversi paesi.
Queste tendenze negative non possono essere attribuite tutte solo alla guerra. La pandemia di Covid-19 ha creato problemi su molti fronti, e l’inflazione negli Stati Uniti era già in aumento prima dell’invasione dell’Ucraina, ma questo peggiorerà sicuramente le cose [il trading speculativo non è incluso in queste considerazioni]. Prendiamo in considerazione i prezzi dell’energia dal 24 febbraio, il giorno dell’inizio della guerra. Il prezzo del petrolio era allora di 89 dollari al barile. Dopo alti e bassi e un picco di 119 dollari il 9 marzo, si è stabilizzato (almeno per ora) a 104,70 dollari il 28 aprile, un salto del 17,6% in due mesi. Gli appelli dei governi degli Stati Uniti e del Regno Unito all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti per aumentare la produzione di petrolio non hanno funzionato, quindi nessuno dovrebbe aspettarsi un rapido miglioramento.
Le tariffe di spedizione dei container e del trasporto aereo, che erano già aumentate a causa della pandemia, sono aumentate ulteriormente dopo l’invasione dell’Ucraina, e anche le interruzioni della catena di approvvigionamento sono peggiorate. Anche i prezzi degli alimenti sono aumentati, non solo a causa dell’aumento dei costi dell’energia, ma anche perché la Russia rappresenta quasi il 18% delle esportazioni globali di grano (e l’Ucraina l’8%), mentre la quota dell’Ucraina nelle esportazioni globali di mais è del 16% e i due paesi insieme rappresentano più di un quarto delle esportazioni globali di grano, un bene cruciale per molti paesi.
La Russia e l’Ucraina producono anche l’80% dell’olio di girasole del mondo, che è ampiamente usato per cucinare. L’aumento dei prezzi e la scarsità di questa merce sono già visibili, non solo nell’Unione Europea, ma anche nelle parti più povere del mondo come il Medio Oriente e l’India, che si approvvigiona quasi esclusivamente dalla Russia e dall’Ucraina. Inoltre, il 70% delle esportazioni ucraine sono trasportate via nave e il Mar Nero e il Mar d’Azov sono ormai zone di guerra.
La situazione dei paesi a “basso reddito
Il rallentamento della crescita, l’aumento dei prezzi e dei tassi d’interesse come risultato delle iniziative delle banche centrali per frenare l’inflazione, e l’aumento della disoccupazione colpiranno le persone nei paesi occidentali, specialmente i più poveri che spendono una percentuale molto più alta del loro reddito in beni essenziali come cibo e gas. Ma i “paesi a basso reddito” (secondo la definizione che la Banca Mondiale dei paesi con un reddito medio annuo pro capite inferiore a 1045 dollari nel 2020), e soprattutto i loro abitanti più poveri, saranno colpiti molto più duramente.
Date le enormi necessità finanziarie dell’Ucraina e la determinazione dell’Occidente a soddisfarle, è probabile che i paesi a basso reddito trovino molto più difficile ottenere i finanziamenti necessari per pagare i loro debiti [cosa che sta di nuovo al centro delle preoccupazioni popolari e riproporrà con forza il problema di come quel debito si sia “formato” e di quanto esso sia “legittimo”, ndr], a causa dell’aumento dei prestiti per coprire il costo crescente delle importazioni, soprattutto di beni essenziali come l’energia e il cibo. Tutto ciò sarà aggravato dalla riduzione dei guadagni da esportazione a causa del rallentamento della crescita economica globale.
La pandemia di Covid-19 aveva già costretto i paesi a basso reddito a resistere alla tempesta economica prendendo in prestito di più, ma i bassi tassi di interesse avevano resoun po’ meno difficile da gestire il loro debito, che aveva raggiunto già la cifra record di 860 miliardi di dollari. Ora, con il rallentamento della crescita globale e l’aumento dei costi energetici e alimentari, saranno costretti a prendere in prestito a tassi d’interesse molto più alti, il che non farà che aumentare il loro onere di rimborso.
Durante la pandemia, il 60% dei paesi a basso reddito ha chiesto un’attenuazione dei loro obblighi di rimborso del debito (rispetto al 30% nel 2015). L’aumento dei tassi d’interesse, così come l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e dell’energia, peggiorerà la loro situazione. Questo mese, per esempio, lo Sri Lanka è andato in default sul suo debito. I principali economisti avvertono che questo potrebbe rivelarsi un barometro, poiché altri paesi come l’Egitto, il Pakistan e la Tunisia affrontano problemi di debito simili, che la guerra sta peggiorando. Insieme, 74 paesi a basso reddito hanno dovuto pagare 35 miliardi di dollari di debito quest’anno, un aumento del 45% rispetto al 2020.
E questi, attenzione, non sono nemmeno considerati paesi a basso reddito. Per loro, il FMI agisce tradizionalmente come prestatore di ultima istanza, ma potranno contare sul suo “aiuto” quando anche l’Ucraina ha urgente bisogno di enormi prestiti? Il FMI e la Banca Mondiale possono chiedere ulteriori contributi ai loro ricchi stati membri, ma li otterranno quando questi paesi stanno anche affrontando crescenti problemi economici e i loro governi sono preoccupati per la rabbia sociale dei loro elettori?
Naturalmente, più alto è il peso del debito dei paesi a basso reddito, meno saranno in grado di aiutare i loro cittadini più poveri a far fronte all’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, specialmente il cibo. L’indice dei prezzi alimentari valutato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) è aumentato del 12,6% tra febbraio e marzo ed era già del 33,6% più alto di un anno prima.
L’impennata dei prezzi del grano – a un certo punto il prezzo per bushel [1 bushel di grano americano equivale a 27,21 kg] è quasi raddoppiato prima di stabilizzarsi a un livello superiore del 38% rispetto all’anno scorso – ha già portato a carenze di farina e pane in Egitto, Libano e Tunisia, paesi che non molto tempo fa si affidavano all’Ucraina per fornire tra il 25% e l’80% delle loro importazioni di grano. Altri paesi come il Pakistan e il Bangladesh – il primo compra quasi il 40% del suo grano dall’Ucraina, il secondo il 50% da Russia e Ucraina – potrebbero affrontare lo stesso problema.
Il paese che soffre di più per l’aumento dei prezzi degli alimenti potrebbe essere lo Yemen. È stato afflitto dalla guerra civile per anni e ha affrontato la carenza cronica di cibo e la carestia molto prima che la Russia invadesse l’Ucraina. Il trenta per cento delle importazioni di grano dello Yemen provengono dall’Ucraina e, a causa della ridotta offerta creata dalla guerra, il prezzo al chilogrammo è già aumentato di quasi cinque volte nel sud del paese. Il Programma Alimentare Mondiale (PAM) ha speso 10 milioni di dollari in più al mese per le sue operazioni nel paese, poiché fino a 200.000 persone potrebbero trovarsi in “condizioni di quasi fame” e un totale di 7,1 milioni di persone sperimenteranno “livelli di emergenza di fame”. Ma il problema non è limitato a paesi come lo Yemen. Secondo il PAM, 276 milioni di persone in tutto il mondo soffrivano di “fame acuta” anche prima dell’inizio della guerra, e se la guerra continua fino all’estate, altri 27-33 milioni di persone potrebbero trovarsi in questa situazione precaria.
L’urgente bisogno di pace – e non solo per gli ucraini
L’entità dei fondi necessari per ricostruire l’Ucraina, l’importanza che gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, l’UE e il Giappone attribuiscono a questo obiettivo, e il costo crescente delle importazioni essenziali metteranno i paesi più poveri del mondo in una situazione economica ancora più difficile. Naturalmente, anche i poveri dei paesi ricchi sono vulnerabili, ma quelli dei paesi più poveri soffriranno molto di più.
Molti di loro stanno già lottando per sopravvivere e non hanno la gamma di servizi sociali di cui godono i poveri nei paesi ricchi. La rete di sicurezza sociale degli Stati Uniti è sottile rispetto alle sue controparti europee, ma almeno esiste. Questo non è il caso dei paesi più poveri. Lì, i meno “avvantaggiati” se la cavano con poco o nessun aiuto dai loro governi. Solo il 20% di loro è coperto in qualche modo da questi programmi.
I più poveri del mondo non sono responsabili della guerra in Ucraina e non hanno la capacità di fermarla. Tuttavia, a parte gli ucraini stessi, saranno loro a soffrire di più del suo prolungamento. I più poveri tra loro non vengono bombardati dai russi o occupati e sottoposti a crimini di guerra come gli abitanti della città ucraina di Butcha. Eppure anche per loro la fine della guerra è una questione di vita o di morte. Condividono questa preoccupazione con il popolo ucraino.