Chi ha ucciso le foreste sarde? “Colpi di scure e sensi di Colpa”, il libro di Fiorenzo Caterini, non è un giallo ma un’ indagine storica di quasi 300 pagine. Un lavoro di ricerca documentale che punta i riflettori una parte di storia della Sardegna altrimenti destinata all’oblio o all’attenzione esclusiva di studio specialistici. Un’inchiesta scritta con un linguaggio chiaro e diretto che traccia l’identikit del principale degli indiziati: il capitalismo coloniale targato Piemonte che fra Settecento e Ottocento ha pianificato il disboscamento sistematico della Sardegna e ne ha trasformato irreversibilmente il paesaggio e l’economia.
Fino a qualche secolo fa l’isola si presentava infatti in grandissima parte verde e ricoperta di foreste. Un patrimonio inestimabile di materia prima e risorse finanziarie per lo stato dominante. In “continente” si decise – questa sintesi è volutamente semplificata per non anticipare troppo della lettura di un lavoro così curato in ogni aspetto – di privatizzare e vendere il patrimonio boschivo isolano e di ricavare dal legno sardo la materia prima per la costruzione del sistema ferroviario del nascente stato nazionale. “Per le traversine ferroviarie – spiega l’autore – il duro leccio sardo era particolarmente adatto, tanto che questa pianta, nella quantità stimata in circa 80mila esemplari diede il suo contributo all’infrastruttura della nazione italiana”.
E anche “la monocultura ovina”, così tipica delle economie coloniali, non è frutto della libera scelta del popolo sardo e tanto meno di una innata vocazione alla pastorizia. “Nei terreni scorticati dal taglio totale l’unica attività conveniente era proprio la pastorizia ovina […]. La Sardegna subì l’invasione delle pecore perché quelle terre disboscate altro non potevano dare che pascolo”.
Il paesaggio spesso arido che caratterizza l’Isola non è frutto di un destino crudele e tanto meno di presunte “cattive abitudini” di contadini e pastori. “Non sono stati – chiarisce Caterini, non a caso ispettore forestale – i pastori e i contadini sardi a distruggere i boschi della Sardegna, ma gli speculatori e gli industriali di oltre mare, esattamente come oggi sono le ruspe gigantesche delle industrie multinazionali a distruggere la foresta dell’Amazzonia e non gli indios”.